CalAfrica islamica
Domenica 15 ottobre 2017 – Santa Teresa d’Avila, Dottore della Chiesa Cristiana Cattolica – a Casa Spirlì, in Calabria
Eccome, se ci stanno riuscendo! In questa mia terra, dove neanche i saraceni più feroci e con le scimitarre fra i denti sono riusciti a lasciare uno solo dei loro spermatozoi vivo a svirgolare per le viscere di una vergine calabrese, se non dopo averla straziata, martoriata, resa orfana e senza fratelli a difenderla; in questa terra, apparentemente aspra come l’anima del limone, ma, in fondo, docile come l’occhio dell’agnello delle nostre montagne; in questa mia terra, in cui si intrecciano ancora gli spiriti dei Padri con quelli degli accolti in pace, come gli Ebrei di Askenaz, i Greci di Pitagora, i Bizantini di San Nilo, gli Arbereshe di Skanderbeg, i Valdesi (Occitani) di Gian Luigi Pascale (massacrati, poi, dall’inquisizione vaticana); in questa mia terra di Calabria, paradiso dalle mille contraddizioni, oggi si prega, senza colpo ferire, il profeta dei beduini più di Dio Uno e Trino. Più di Gesù Cristo.
E, noi, costretti a non reagire, per non essere tacciati di razzismo e xenofobia, nicchiamo…
Invasi e colonizzati da mille e mille clandestini, seguaci di un libro che ci vuole morti; derisi e dileggiati da schiere di infedeli ingrassati dalle moine di stupidi senzadio italioti paladini dell’accoglienza “alla volemose bene” e coccolati come fossero dei liberatori (dalla presunta noia della normalità?), addirittura osannati e celebrati manco fossero dei benefattori dell’umanità. Loro ne approfittano e cancellano secoli di nostre lotte e battaglie. Da quelle per l’emancipazione dai padroni nel mondo del lavoro a quelle per la parità di diritti fra uomo e donna. Fino alla rivendicazione dell’uso della lingua corrente addirittura sugli altari.
Democratici e civili ancora per poco (Dio non voglia), saremo costretti, se la spuntano loro, a far ricoprire le nostre donne come fossero mobili di una casa abbandonata; vedremo crollare le nostre chiese sotto i colpi dei picconi a mezzaluna; ci nasconderemo per implorare Gesù di mandarci la morte migliore e meno insanguinata. Perderemo il lavoro, magari. E la dignità.
Loro, pregustando una sperata (?) vittoria, già si mettono a pecora cinque volte al giorno ovunque si trovino, qui in casa nostra, per pregare il loro profeta fasullo, imponendoci una coabitazione che – confessiamolo! – non ci piace. Distruggono, rendendole del tutto inutilizzabili, le case che pur affittiamo loro a quattro soldi, in un ennesimo tentativo di considerarli uguali a noi. Pisciano sui nostri muri e se ne strafottono dei divieti dei loro libri: ubriachi come scimpanzé ubriachi, tirano di coltello e colli di bottiglie rotte. Si squartano e ci squartano per un nonnulla. Per indole! Per odio razziale nei nostri confronti. Fregandosene di quell’impossibile integrazione a cui non credono loro, non crediamo noi e non credono neanche tutti quei falsoni che si gonfiano il culo di soldi, parlando nei convegni comunali, regionali, nazionali e mondiali. Questi alieni, indietro di un’era, mortificano la nostra Storia millenaria. La nostra Identità. La nostra Cultura. La nostra intelligenza.
Nel silenzio sordo delle istituzioni, che approvano ipocriti ma milionari progetti di accoglienza “solidale” in cambio di chissà quali aberrazioni politicomassomafiose. Con la complicità non disinteressata di eretiche tonache bianche, diabolicamente lontane dalla mani giunte dei santi fedeli e dai Raggi di Luce del Vero Dio, e più vicine ai caveaux di banche truffaldine e alle poltrone di poteri inconfessabili…
Quanto “mi fa strano” vedere i paesini di questa regione infarciti di stranieri irregolari fancazzisti, giocatori seriali di videopoker e similari, correi di caporali mafiosi colorati di nero e di bianco, magnaccia di puttane nigeriane impestate di sifilide e scolo (magari aids, perché no?), scippatori di vecchiette pensionate e stupratori di ogni genere, per voglia o necessità. A farsi un giro in auto, in questa Piana di Gioia Tauro, sembra di essere in Senegal, o in Mali. O nella Libia di oggi. Quella in cui il pur variopinto Gheddafi è sottoterra, e, con Lui, il buonsenso e la sicurezza dell’Occidente.
Lavorano, i negri dei neri della Piana, illegalmente per venticinque/trenta euro a giornata e levando il lavoro a chi – italiano – vorrebbe lavorare secondo legge, nelle campagne colorate da milioni di piccoli soli: quelle arance, quei mandarini che non hanno più mercato per volontà di un’Europa sanguisuga. Le raccolgono e le sistemano nelle cassette che, per tre centesimi al chilo, le porteranno verso le industrie di succhi o verso le bancarelle dei mercati rionali di tutta Italia.
Si offrono anche come manovalanza spicciola per la peggiore mafietta senza regole né capi, i negri dei neri della Piana. Oppure come gigolò (anche qui, fottendosene dei dettami di quel loro libro). O come guardiani di battone, sulla statale fra Rosarno e Vibo Valentia… Insomma – come dicono i soloni della tivù – “fanno quello che gli Italiani non vogliono fare!
E MENO MALE!!!
Anche se… Beh, se continua come sta andando, da queste parti, non so quanto resisteremo a lasciarli a loro, questi lavori così redditizi!
Si fa per dire…
Fra me e me