Morire di Bontà. Nino Sergi e la sua Fede
Giovedì 14 marzo 2019, Santa Matilde – da Casa Spirlì, in Calabria
Ci sono Uomini, in questo mondo così confuso e perduto, che meritano le lacrime di quanti li hanno conosciuti. Eroi della Bontà e paladini della Fede, i quali, partendo, lasciano nei cuori di chi li ha amati una densa nebbia di tristezza, lenta a diradarsi. Nino Sergi appartiene alla schiera degli Uomini Buoni, che, alle avversità di una vita “lottata” a tu per tu con le provocazioni del maligno, ha preferito rispondere con un Amore viscerale nei confronti di Gesù e dell’Umanità tutta. Un gigante di dolcezza e tenerezza, che, inginocchiandosi davanti al SS. Sacramento, si trasformava, fino ad assumere la forma di una montagna di Fede. Una roccia invincibile. Un porto accogliente, per tanti marinai in cerca di una rotta sicura. Cercava e trovava una parola buona per chiunque gli si avvicinasse. Mostrava la potenza della Preghiera, facendo scorrere fra le sue grandi mani i piccoli grani del rosario, come accarezzandoli. Mi piaceva sentirlo e trovarlo seduto nel mio stesso banco, in chiesa. O, appena dietro al mio. Mi sembrava che fosse lì a proteggere Mamma e me.
Sorridente e burbero, tenero eppur autorevole, ha formato, negli anni, se stesso e decine di giovani sportivi, scegliendo la strada sana della ginnastica sana. Sì, della ginnastica. Quella che, un tempo, si praticava nel Gymnasium, un centro di educazione spirituale e di ritrovo, in cui si tenevano banchetti, feste, rappresentazioni teatrali, lezioni, conferenze. Una scuola della vita, insomma. Nino aveva scelto l’onestà e la correttezza. E, così, non aveva accompagnato nessuno nell’abisso.
Negli ultimi tempi, ha indossato, accettandolo, il pesante abito della paziente comprensione. Nel silenzio dell’Anima, parlava col Cielo e pregava con fervore perché la Luce illuminasse i suoi passi, quelli delle sue adorate Figlie, della sua Mamma, della sua Famiglia. Per sé, teneva un angolino nascosto nel quale conversare con Gesù.
Pochi fra noi avevano intuito la sua umana lacerazione. Quella ferita che lo ha portato, in una mattina di pioggia, a fermare il cammino terreno in un piccolo giardino di ulivi. Il proprio Calvario, Nino, lo ha consumato nel Getsemani.
Buon Cammino, Campione. La coppa più bella la riceverai in Cielo. Noi non avevamo capito…
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