Taurianova, 17 marzo 2025

Cambia, la vita. Cambia.

Quando il medico, diretto e senza esitazione, Ti guarda negli occhi e Ti inchioda alla sedia con il suo “Caro signore, lei sta allevando un cancro fra i peggiori. Se saremo fortunati, potremo intervenire chirurgicamente. Intanto, però, dovrebbe sottoporsi ai primi cicli di chemioterapia. Sperimentale. Perché il suo cancro non è una passeggiata di salute”, la vita assume un altro colore. Un colore incolore. Dall’odore metallico.
E tu, vuoi o non vuoi, devi decidere davanti a questo bivio se incamminarti su Viale della Fede e dell’ottimismo o imbucarti nel Vicolo della disperazione.
Ho scelto il viale. E il mio cancro al pancreas lo chiamo fratello. Del resto, mi sta insegnando più lui in questo ultimo anno, che i 62 anni di vita precedenti.
Certo, se penso alle follie di certa sanità calabra, che, nonostante sia entrata con le telecamere per ben cinque volte in tre mesi nelle mie viscere, non lo “ha incontrato”. Anzi, continuava a rassicurarmi col mantra “è una colangite, Nino. Una colangite.” Col cavolo! Era cancro e cresceva. Si ingrossava e si accomodava. Mentre i sanitari, su 37 prelievi di sangue in 41 giorni di degenza, non hanno mai pensato di testare i marcatori tumorali, nonostante il mio colore verde Hulk, i dolori lancinanti, il prurito devastante, le feci bianche e le urine color thè nero. Poi, la fuga. L’emigrazione verso il San Raffaele di Milano. Il prof Aldrighetti e la sua equipe mi hanno dato una speranza. Dopo un intervento di oltre otto ore, con una permanenza in sala operatoria e locali affini di ben 13 ore e più…

Chi sono, cosa sono, oggi? Un temporaneo sopravvissuto. Per scimmiottare Pirandello, mi definirei, ironicamente, L’uomo dal fiore nel ventre. Dopo essere stato il regista, in teatro, di ben due messe in scena de L’uomo dal fiore in bocca.

Sono un ottimista con tanta Fede, che non conta i giorni, ma cura la loro qualità. Perché quella conta. Mi godo l’amore di mia Madre. L’affetto e le cure della Famiglia. La vicinanza e la disponibilità degli amici. E, incredibile, il sostegno di oltre sessantamila amici virtuali sui social.

Il mio cancro è vissuto, conosciuto, condiviso. Alcuni criticano, altri straparlano. Molti capiscono e si affiancano. Con tenerezza. Con gentilezza e comprensione.

Il cancro al tempo dei social è un cancro, seppur mortale, più leggero. Meno spaventoso.
E così sia!

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