I dolori del “giovane” Bersani
[photopress:bersanov3.jpg,thumb,alignleft] Il risultato (straprevisto) delle primarie del Pd, che hanno incoronato Pier Luigi Bersani segretario del partito democratico, ha iniziato a produrre i loro effetti non appena lo sconfitto Dario Franceschini ha dato l’annuncio della vittoria dell’uomo di Massimo D’Alema. Vittoria netta (oltre il 53% dei consensi) che ha fatto seguito a quella nei congressini degli iscritti al partito. L’avevo scritto diverse volte, sul blog, che sarebbe successo ed è successo. L’ex Pci-Pds-Ds ha battuto l’ex Dc-Ppi. A Franceschini (e ai Ds) non è bastato l’appoggio rosso-sfumato di Fassino per mascherare lo scontro fra ex Pci ed ex Dc (il terzo incomodo, Marino, ha raccolto più che altro i “movimentisti” piddini). E così la sinistra riparte dall’accoppiata Bersani-D’Alema, il vero stratega del suo successo che ha ribaltato il Veltroni-pensiero, ora definitivamente sconfitto.
E sono iniziati i dolori per il segretario del “partito mai nato”, con l’ulivista Parisi che ha chiesto prentorio: “Ora ci dica qual è la sua linea politica”. Con Francesco Rutelli pronto all’ennesimo salto della quaglia con approdo “nell’area” Casini anche se “non subito e non da solo” e che si dice pronto a “iniziare un tragitto differente, unendo persone diverse, che hanno culture diverse, che hanno capacità di mettersi al servizio operosamente che, per citare Aldo Bonomi, è l’Italia operosa e non l’Italia del rancore”. Anche se molti popolari non lo seguiranno nell’avventura a cominciare da Marini, Fioroni, Bindi e molti altri ex della sinistra Dc.
Bersani ha fatto come fece Fanfani, ha contato amici e nemici e alla fine il Pd riparte… dall’Ulivo ma anche dalla mtica “balena rossa” che sembra rimergere dalle profondità della politica italiana. Riparte dal pensierino sul gran ritorno di Prodi come presidente del partito (altrimenti è pronta la Bindi), riparte dall’idea di una coalizione “non ad excludendum” alleata con pezzi importanti di quella sinistra tagliata fuori da Walter Veltroni, convinto in questo modo (e sbagliava) che quell’elettorato alla fine sarebbe comunque approdato nel Pd. Insomma, è un ritorno al passato, cancellando anche gli infelici mesi della gestione dell’incosistente Dario Franceschini. Che sembra promettere una guerra interna al partito (non si sa quanto velleitaria nel lungo periodo).
Pd fra rischio scissioni, divisioni e tentativi di “reinclusione della sinistra-sinistra” insomma, all’insegna del neo-ulivismo che segna, alla fine, un dato presiso: il ritorno al comando, l’egemonia ritrovata, dell’ala più forte degli ex Psci-Pds-Ds di storia, tradizione e cultura comunista. Come voleva il leader Maximo, del resto. Torna un certo modo di interpretare la politica segnato anche dalla sonora sconfitta della velleitaria lista finto-giovanilistica del duo Serracchiani-Sassoli. E si aprono nuovi spazi centristi e anti-bipolaristi per chi sogna una “rifondazione bianca”, non più balena ma almeno balenottera in grado fare da ago della bilancia (inizialmente nel centro-sinistra, poi si vedrà…).
Senza contare l’improbo compito che dovrà affrontare Bersani: quello di regolare i conti con Antonio Di Pietro. Fatica degna di un Ercole della politica, questa, perché Di Pietro, leader dei giustizialisti-antiberlusconiani è pronto a dare battaglia, sostenuto da chi nel Pd farà la fronda più o meno scopertamente a Bersani. Vedremo come finirà, dopo i disastri seguiti all’avventura veltroniana e all’alleanza con Tonino.
Bersani, uomo concreto, ha già detto che il Pd deve puntare a costruire l’alternativa, non basta sentirsi solo opposizione, chiudersi nell’angolo e urlare porta solo a essere sconfitti da Berlusconi… Verissimo. I fatti lo dimostrano. Ora vedremo se avrà la forza e la voglia di abbandonare i toni antiberlusconiani e anti-italiani che hanno segnato violentemente gli ultimi mesi della politica dell’opposizione. Vedremo anche se avrà o meno l’appoggio del partito di Repubblica e di quello di Santoro. A proposito, a quando un bell’Annozero con un’intervista al trans amico di Marrazzo? Perché qui, caro Michele, si parrà la tua virtute…
“Sono il leader ma lo farò a modo mio…”. Ha annunciato Bersani, annunciando un cambio di passo. Vedremo come. Di sicuro punterà sui temi della crisi, dell’economia, del lavoro e dell’occupazione, su temi più concreti di quelli basati sull’antiberlusconismo a prescindere (che nascondono mancanza di idee e di proposte concrete). Punterà a dividere soprattutto su questi temi, il Pdl dalla Lega, magari cercando il dialogo con Fini e soprattutto con sindacati e Confindustria, oltre che con le associazioni delle pmi. Anche qui occorre aspettare e vedere.
Cosa che non sta facendo Berlusconi, che certo non è disposto a farsi prendere in contropiede su questo terreno e ha “commissariato” Tremonti perché la politica economica la decide il premier che dietro ha il suo partito, il Pdl. E perché è il premier che è stato eletto a furor di popolo ed è lui il garante del patto con gli elettori. Perché la baraonda politica, col rischio del tutti contro tutti che danneggerebbe il Paese, finisca al più presto. Perchè la politica è ripartita ma non deve tornare il triste e perdente rito del “teatrino”. Che gli italiani non paiono più disposti a tollerare. Primo banco di prova: le elezioni regionali di primavera.