Il Pd e il fantasma di quota 24%
E poi dicono che i sondaggi non fanno paura e che non si governa a colpi di sondaggi. Va bene quando riguardano gli altri, ma se un sondaggio dà il Pd al 24,2%, scatta l’allarme rosso con conseguente tussunami di polemiche. Inevitabile. E’ il dato, quel 24,2% fornito da un sondaggio Ipsos per Ballarò. Pd al 24,2% con quello 02 che lo tiene sopra una soglia da ultima Thule della politica per quello che doveva essere il partitone “rosso-bianco-rosa” della riscossa anti-berlusconiana. Già, perché lo stesso sondaggio dà l’Idv dipietresca all’8,3% e il Sel di Nichi Vendola al 6,1%, appena sopra l’Udc che è al 6%.
Inevitabile allora il riaccendersi dello scontro sulla linea di Bersani che vede i Democratici franare dalla parte della sinistra vendoliana. Così Antonello Soro invoca un “cambio di squadra” con il segretario “che deve accompagnare lo sforzo delle ultime settimane con un generoso rinnovamento della classe dirigente del partito” e il cattolico Beppe Fioroni torna all’attacco del segretario: “Possiamo migliorare lavorando su quel 40% di indecisi avendo il coraggio di essere un soggetto riformatore di centrosinistra, senza essere ossessionati da quei consensi che alla nostra sinistra si frammentano e non si ampliano”. E il veltroniano Stefano Ceccanti affonda: “Risultano pienamente confermate le sollecitazioni che conteneva il documento dei 75 (i deputati che stanno con veltroni contro Bersani e i dalemiani ndr). La progressiva erosione è il prodotto della scelta di concentrare il dibattito sulle alleanze e la coalizione disperdendo la nostra capacità propositiva. Si sta creando un sistema simile a quello dei Ds, alleati a destra con la Margherita e a sinistra con Rifondazione, e siamo a percentuali da Ds…”. E ancora Marco Follini: “Un sondaggio non è una sentenza e neppure una certezza. Però è evidente che la spinta a sinistra non fa lievitare il consenso al Pd. Non vorrei che in questi numeri si stesse scontando l’effetto Vendola”.
Insomma acque agitatissime dalle parti del Botteghino, non sarà certo come ai tempi dei mitici “cespugli”, ma l’allarme e il dibattito nel fronte anti Pdl-Lega la dice lunga non solo sull’effetto Vendola a cui si aggiungono i veti incrociati fra Idv e Udc. La verità è che per ora manca il progetto attorno al quale organizzare la “raccolta” e trovare “l’amalgama” che continua a non esserci. Figuriamoci se poi si dovessero mettere assieme Fli-Udc-Pd-Idv-Sel con vari ed eventuali minori da Rutelli in giù caso di elezioni anticipate.
Il Pdl ha indubbiamente i suoi (grossi) problemi ma il centrosinistra che dovrebbe rappresentare l’alternativa credibile a Berlusconi e Bossi vede scemare il peso dell’asse portante: il Pd. Così dietro le quinte dello scontro aleggia sempre la figura del “Papa straniero” invocato (o evocato) da Veltroni. Già, per il Pd non ha un Tony Blair in grado di trasformare il Labour ideologico e pan-sindacalista nel New Labour che seppe conquistare i voti della middle class britannica. A meno che non pensino che Fini o Montezemolo possano essere davvero dei Tony Blair…