La Santa alleanza e il leader taumaturgo
Il centrosinistra mostra i muscoli e proclama di essere pronto ad andare alle elezioni per liberare finalmente l’Italia dal cavalier Berlusconi. Ma per ora non ha ancora messo nero su bianco come dovrebbe essere composta, in tempi brevi, la Santa alleanza anti Cav e soprattutto chi la dovrebbe guidare. Per la coalizione si parla di alleanza “più larga possibile” – ma non si dice con chiarezza se e come verrà sciolto il nodo gordiano dell’Idv di Di Pietro e dei giustizialisti in servizio permanente effettivo e nemmeno si declinano i punti di un eventuale programma in grado di tenere assieme il caravanserraglio della neo-macchina da guerra che si vorebbe mettere in campo per tenere assieme la triade Casini-Fini-Rutelli più Pd (ex Ds ed ex popolari cattolici) più Vendola e Sel con Tonino Di Pietro…
Se è vero che la politica è l’arte dell’impossibile, il caravanserraglio è atteso ad un prova erculea che si potrebbe riassumere così: tutti assieme appassionatamente contro il Cav, poi si vedrà come regoleremo i conti fra di noi. Forse semplifico troppo la la sensazione dopo le ultime uscite di D’Alema, Bersani, Franceschini, Bindi ecc. è questa.
La Santa Alleanza futuribile tace su un punto dirimente: chi sarà il leader che sfiderà Berlusconi. Ovviamente sul nome c’è un dibattito “largo”. Si va dall’economista Mario Monti al governatore di Bankitalia Mario Draghi fino all’ultimo eroe mediatitico dell’Italia legalitaria e buonista: lo scrittore Roberto Saviano. Incoronato dalla “società civile” di sinistra come possibile Papa straniero pronto a conquistare il campo degli infedeli della sinistra “incapace” di guidare il cambiamento. Così si rinsalda, all’esterno del Pd e degli altri partiti dell’auspicato caravanserraglio, la spinta dei fu girotondini morettiani, qualle dei Celentano, dei Beppe Grillo, della sinistra di piazza e di assalto (da Palazzo Grazioli alla villa di Arcore….).
Insomma: un “rieccoli” che in realtà pare voler condizionare più che il Cavaliere da cacciare, le scelte del centrosinistra e del terzo polo in chiave di leadership. Si dice, nel centrosinistra dei partiti che non serve un leader taumaturgo (che invece l’elettorato invoca), nè tantomeno un Saviano armato di messianiche certezze televisive che propone una divisione semplicistica del Paese in buoni e cattivi, facendo inevitabilmente (come dimostrano i sondaggi) il gioco di Berlusconi, del Pdl e della Lega e compatta l’elettorato di centrodestra. No, il Palasharp non è stata la narrazione del futuro che avanza , ma la replica dello psicodramma della coalizione a perdere che ha un solo punto programmatico: abbattere Silvio. Punto. Sperando non nella politica, nella capacità di governo, ma nelle Procure e nella piazza. Un gioco già visto, insomma, che preoccupa proprio i leader del centrosinistra, ancora alle prese con il dibattito e gli scontri interni.
E allora? Forse ha ragione Marco Follini quando sostiene la necessità e l’urgenza di “pronunciare poche sillabe, due o tre al massimo, ma di farlo per tempo e con reciproca lealtà”.
Insomma è il momento che il centrosinistra esca allo scoperto, che il Papa sia straniero o meno non importa. Ma davvero riuscirà a farlo? Davvero il caravanserraglio si libererà della morsa (perdente) dell’invettiva anti berlusconiana? Davvero è pronto, come proclama, per una sfida elettorale in tempi brevi? Domanda quasi retorica.
A proposito, come la mettiamo con Antonio Di Pietro che invoca ancora una volta la piazza come se l’Italia fosse la Tunia o l’Egitto e non una solida democrazia occidentale: Ecco il Tonino pensiero: “Berlusconi non si dimetterà mai, anche perché in Parlamento ci sono dei deputati non eletti nel Pdl che si sono venduti per trenta denari. E siccome – prosegue – non si riescono a trovare 316 parlamentari che possano sfiduciare questo governo, l’unica soluzione è che i cittadini mandino a casa Berlusconi attraverso le manifestazioni di piazza e i referendum promossi dall’Italia dei Valori, tra cui quello sul legittimo impedimento”.
E con l’ultima di Nichi Vendola: “Francamente spero che nessuno insista ancora sulla proposta del governo costituente, perché sarebbe un contributo alla campagna elettorale di Berlusconi. Si pensa ad un accordo con Fini e senza Di Pietro. E perché? Casini poi non andrebbe mai insieme a quello o a quell’altro. È il gioco dei veti e delle interdizioni. Una coalizione così non si può fare”. Meno male che l’opposizione è “davvero” pronta alle elezioni…