[photopress:bersani_dipietro.jpg,thumb,alignleft]La mitica foto di Vasto, quella che avrebbe dovuto esaltare il patto fra Bersani, Di Pietro e Vendola, a furia di essere strappata e riattaccata con il nastro adesivo, poi appallottolata e gettata via, raccolta dal cestino e ri-dispiegata magari con la speranza di aggiungere qualche altro “santino” oltre ai soliti tre, è diventata la metafora di una sinistra divisa su tutto, litigiosa, inconcludente, parolaia… Roba che ricorda gli ultimi giorni dell’ultimo governo Prodi. Non serve uno sforzo di fantasia per immaginare i tre in questione insieme al governo per “salvare l’Italia”, sarebbe l’Italia a doversi salvare da loro. Già, perché l’ultimo scontro andato in scena fra il segretario del Pd Bersani e il leader dell’Idv Di Pietro non è di quelli che si dimenticano facilmente. E da quel che si capisce nessuno è in grado di vincere facile, sul treno delle alleanze anche in vista delle fatidiche primarie di coalizione lanciate dal Pd, guest star Bersani (o forse proprio per questo) per le quali correranno anche Nichi Vendola e Matteo Renzi.

L’occasione del duro faccia a faccia l’incontro della Fiom, “Il lavoro prende la parola” promosso da Maurizio Landini che segna un impegno politico più diretto (lista civica?) dell’ala dura della Cgil che chiama alle armi elettorali la sinistra e avverte i capipartito: “Non avrete deleghe in bianco”. Ovvero, attenti, queste sono le nostre condizioni… ora diteci con chi state. E se era facile prevedere che Bersani, citando l’articolo 18, avrebbe incassato fischi e contestazioni, nessuno poteva immaginare come avrebbe “preso la parola” Tonino Di Pietro. Un durissimo j’accuse di 15 minuti 15 che lascia aperta la porta alla “condanna politica”. Perché, è il Tonino pensiero, il Pd alimenta l’antipolitica stando nella “strana” maggioranza che appoggia il governo tecnico. Siamo all’inciucismo, dice.
“Non è più il tempo dei primi della classe  ci vuole coerenza tra parole e comportamenti…. Non ce l’ha detto il medico di stare insieme. La politica in questo momento è offesa da chi fa le spartizioni sull’Agcom, su chi vota la fiducia sull’articolo 18, su chi va in piazza e poi sta con il governo Monti”. E via con altri affondi contro  “questa maggioranza in Parlamento voluta dalla Bce e dagli elettori” (applausi dalla platea).  Per Di Pietro “gli elettori non hanno bisogno di una foto ma di una proposta concreta, come ha detto Romano Prodi, non vogliamo fare scelte suicide ma scelte di campo e chiederemo alla società civile, ai movimenti la forza di portare avanti le nostre idee”.  Insomma, o il Pd sposta l’asse a sinistra, fa opposizione, rinuncia a mediazioni e voti parlamentari ambigui, o l’Idv prende altre strade. C’eravamo tanto amati… insomma.
Brutta giornata per il Pd e per il suo segretario, già alle prese con le divisioni che sconquassano la balena bianco-rossa fra chi vuole che Monti vada avanti e chi spinge per mandarlo a casa e votare a ottobre sperando di passare all’incasso elettorale prima che il vento, da qui a un anno cambi.

E Bersani? “Dire che c’é un inciucio sul ddl anticorruzione è diffamatorio…”, replica dopo aver incassato il colpo sferrato da Tonino. Che evidentemente non molla la presa sulle alleanze ed aveva già “diffidato” il Pd sul fronte delle possibili aperture a Casini. Alleanze che peraltro paiono diffcili dopo l’apertura del segretario del Pd alle unioni civili: “Non è accettabile che in Italia non si sia ancora introdotta una legge che faccia uscire dal far west le convivenze stabili tra omosessuali, conferendo loro dignità sociale e presidio giuridico”…  La situazione si complica e molto, soprattutto se si voterà con l’attuale legge elettorale che obbliga a formare coalizioni. E anche sulle primarie Tonino parla di “bottiglia vuota” se prima non mettemmo nero su bianco i programmi.

Ultima puntata di un teatrino avvelenato in un gioco degli specchi fra chi (Pd) sta con Monti e chi (Idv) sta all’opposizione.  In mezzo c’è la foto di Vasto stracciata di nuovo in un gioco che la dice lunga sulla strada minata su cui sta camminando la sinistra. Come si capisce dalle parole di Nichi Vendola costretto a improvvisarsi mediatore: “Cerchiamo di stare uniti, non serve la propaganda di partito ma una ricerca unitaria per mettere in campo un’alternativa vincente che rompa il muro dell’antipolitica”. Tutti insieme per forza? E le aperture al movimento di Grillo, il quarto “santino” che Nichi sogna di aggiungere a quella foto? Il rischio è di dover fare conti inattesi con l’aperturismo verso sinistra massimalista e movimenti che Tonino pare pronto a fare creando problemi a sinistra. Come si può far finta che le contraddizioni non esistono, immaginando l’impossibile, cioè che improvvisamente vengano chiuse in un cassetto buttando via la chiave? Se è vero che Pdl e Lega sono alle prese con una crisi di cui per ora non si vede quale sarà la via d’uscita anche se il Pdl con la scelta di fare le primerie sembra potersi rimettere in moto, è altrettanto vero che la sinistra è alle prese con i dilemmi e gli scontri di sempre. Non è un buon viatico, la rottura fra B e AdP, due che evidentemente non c’azzeccano… governi e maggioranze basate su alleati di lotta e di governo si è visto a quali esiti portano, come sanno bene Bersani e i suoi alle prese anche la tentazione di molti dirigenti piddini di dare la spallata staccando la spina a Monti anzitempo.

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