Matteo e i fantasmi del Pd
“Vedete solo fantasmi…”, Matteo Renzi sarà pure un rottamatore come si è da tempo definito anche se la prima mano della partita l’ha persa, ma non ci sta a fare la parte del casseur pronto solo a sfasciare il Pd magari per fare un altro partito. Così evoca i fantasmi contro chi torna ad accusarlo di avere la “stessa linea di Berlusconi”.
In realtà i fantasmi nel Partito Disunito si agitano da tempo ed è bastata una frase pronunciata dal sindaco di Firenze (“stiamo perdendo tempo, va fatto l’accordo con il Pdl o si voti”) perché diventassero una folla che anima lo scontro nella ex Balena rossa. “Avessi detto qualcosa di particolarmente intelligente… ho detto quello che pensa il 95% degli italiani” aggiunge. Ma tant’è, il fuoco amico è ripartito, il tempo regalato al Pd da Giorgio Napolitano con la trovata dei saggi pare non sia servito – almeno per ora – a chiarire le idee sul da farsi, con Bersani alle prese con le manovre per l’elezione del Capo dello Stato e la strana idea di varare un governo purché sia, anche di minoranza. Il pericoloso “scissionista” o se si vuole “qualunquista”, insomma, ha reso visibili quei fantasmi mentre il “saggio” Valerio Onida ha creato più di un imbarazzo a Napolitano ammettendo: “Siamo inutili, serviamo solo a coprire lo stallo”.
E’ lo scontro tutto interno al Pd a causare lo stallo. E se dopo l’occupazione delle presidenze di Camera e Senato, Bersani cerca l’intesa con il Cav (ma prima ha fatto l’ammuina sul “metodo” con Mario Monti”) per un nome condiviso al Quirinale, un nome che sia come chiede Silvio Berlusconi di “unità e di garanzia per tutti e non un ulteriore elemento di divisione”, per il governissimo la linea è ancora quella del “non se ne parla”, salvo aggiustamenti in corso alla ricerca di una via d’uscita per dimostrare in qualche modo che non si perde tempo.
L’umiliante scena di Bersani in ginocchio davanti agli uomini di Grillo durante le consultazioni non è bastata al segretario del Pd. Altro che affermazioni delle “radici”, del “sappiamo da dove veniamo”. E’ Renzi ad aver impugnato la bandiera attorno alla quale si sta raccogliendo una parte importante dei democrat: dai dalemiani ai veltroniani fino ad esponenti dell’area ex popolare. Il tema della leadership del Pd e della linea politica è tornato pesantemente sul tavolo: il fantasma si è ri-materializzato e lo scontro (con o senza scissione) si è riacceso con la “scossa” data da Renzi. L’ultima polemica, tanto per far capire che aria tira a Largo del Nazareno, l’ha causata il titolo di apertura dell’Unità: “No di Renzi al governo Bersani”, che ha fatto insorgere i renziani che parlano di “assoluta falsità” e di “vergognosa propaganda”. Poi c’è chi lavora perché la diaspora ex comunista finisca almeno per quel riguarda Nichi Vendola alleato di ferro con Bersani, il quale dice ai suoi di Sel “rimescoliamoci col Pd” e Matteo Orfini, responsabile cultura del Pd dalle colonne del Manifesto lancia la proposta di unire le “due sinistre”. Tira aria di fusione? Di sinistra-sinistra rievoncando la aprole della Bindi mentre anche il ministro Barca afferma di essere pronto a impegnarsi nel Pd? Grandi manovre per il partito post Bersani che delineano il solco con il Renzi-pensiero. Mi torna alla mente il titolo di post che ho scritto l’agosto scorso: “Bersani e Vendola, a volte ritornano”… Lo scontro interno continua e i primi “strappi” cominciano a pesare.
La governabilità reale e non di corto respiro è la condizione sine qua non per far uscire il paese dalle secche in cui l’ha cacciato il governo dei tecnici guidato da Mario Monti fra lenzuolate di tasse, disoccupazione, dramma esodati, vicenda dei marò, debito pubblico che sale, rinvii sui pagamenti della pubblica amministrazione alle aziende e raffica di scadenze fiscali pesanti in arrivo per famiglie e imprese: Imu e Tares (di fatto due patrimoniali mascherate), Irpef e Ires. tanto per capirci, dati Istat: più di metà della ricchezza prodotta é finita nelle casse del fisco, negli ultimi tre mesi del 2012 il peso delle tasse balzare al 52%, un record assoluto.
E Berlusconi rilancia. “Gli elettori mostrano di apprezzare la nostra proposta, al punto tale che se si rivotasse saremmo in grado, secondo gli ultimi sondaggi, di prevalere sia alla Camera che al Senato. Ciononostante il ricorso alle urne entro giugno non rappresenta la nostra prima scelta – afferma in un messaggio su Forzasilvio.it -. Noi sappiamo bene che la cosa più urgente è far uscire il Paese dalla crisi nel tempo più breve possibile. Noi riteniamo quindi prioritario ed anzi, indispensabile, dare vita subito a un governo stabile e forte. Soltanto se il Partito Democratico dirà no a questa soluzione, si dovrà ricorrere alle elezioni anticipate”.
E aggiunge: “La nostra posizione è chiara e nota a tutti. La prima preoccupazione è per lo stato dell’economia, per le imprese, per i lavoratori in difficoltà e per le famiglie. Per prendere le misure necessarie e urgenti per uscire da una austerità rovinosa e per far capire in Europa e ai mercati che l’Italia c’è, abbiamo dichiarato di essere disponibili a far nascere un governo di coalizione guidato da un rappresentante del Partito Democratico. Come sapete bene non chiedo nulla per me, nè ruoli istituzionali nè ruoli di governo. Chiedo solo di poter continuare a svolgere il compito che mi è stato affidato ancora una volta dai nostri elettori e cioè quello di tenere unito il centro-destra e di contribuire a far uscire il nostro Paese da questa crisi che è la più grave dal dopoguerra ad oggi”.
Si attendono risposte da Bersani.
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