Sinistra taglia tasse? Renzi chieda a Pisapia
“Abbassare le tasse è un valore fondamentale della sinistra”. Indovinate chi lo dice? Matteo Renzi in persona a Repubblica.it. Il sindaco di Firenze, probabile futuro segretario (l’ennesimo) del Pd e soprattutto aspirante premier (vedremo se alla fine con Enrico Letta si replicherà l’epico scontro D’Alema – Veltroni), non ha dubbi anche se poi si rifà alla sua esperienza di primo cittadino: “È evidente che posso parlarle di quello che ho fatto da sindaco, una delle prime cose che ho fatto è stato abbassare le aliquote Irpef”.
Che dire? Renzi è in campagna elettorale perpetua – non solo per le primarie – e dopo una serie di svolte e giravolte, contrordini compagni e quant’altro ha ripreso la strada iniziale per prendere voti dall’area del Pdl e da quella di Grillo oltre a tentare di recuperare qualcosa da quella del non voto. Mossa un po’ disinvolta la sua, troppo a dire il vero visto che a parte l’Irpef, ha aumentato gli altri tributi, soprattutto se cerca di accreditarsi verso quel ceto medio che non si sente più rappresentato e difeso.
Guardando alla sinistra e alle tasse infatti, pare proprio che la realtà sia diversa da quella che racconta Matteo. Ecco infatti, per fare un esempio a proposito di Irpef, il menù aprovato dalla giunta di di sinistra di Milano guidata da Giuliano Pisapia.
La manovra “vale per le casse del Comune quasi 173 milioni di euro di entrate. Su 957.716 contribuenti milanesi e una base imponibile da 28 miliardi, grazie all’esenzione fissata a 21mila euro non dovranno pagare il tributo 513.203 cittadini, pari al 53,5 per cento del totale. Per gli altri, si moltiplica il peso dell’imposta rispetto a quanto versato sui redditi 2012: si passa infatti dall’applicazione di cinque aliquote progressive dallo 0,1 allo 0,7 a una aliquota unica dello 0,8. Un lavoratore con un reddito imponibile di 22 mila euro ad esempio, che sul 2012 non ha versato nulla perché esente, dovrà pagare 176 euro. Si moltiplica per cinque invece il tributo per chi guadagna 34mila euro, che passa da una imposta di 52,5 euro a 272 euro, si quadruplica per chi guadagna ad esempio 54mila euro, che passa in un anno da un tributo di 112,5 euro a 432 euro, si triplica per un reddito da 75mila, passando da 215,5 a 600 euro”
“Diminuisce in progressione l’aumento per i redditi più alti: con un reddito da 150mila euro l’imposta sale da 740,5 euro a 1200, mentre per un reddito da 300mila euro si passa da 2175 a 2400 euro, con un aumento di 225 euro, pressochè analogo a quello che riguarda il lavoratore con reddito da 34mila euro. Rispetto al dato complessivo del 53,5 per cento di esenti, la percentuale si alza al 57 per cento fra i 320 mila pensionati milanesi e si abbassa al 24 per cento fra i quasi 32 mila lavoratori autonomi. Esenzione per meno della metà (il 48,5 per cento) dei 484 mila lavoratori dipendenti milanesi, mentre la percentuale sale all’81 per cento per i titolari di reddito prevalentemente immobiliare”. (Omimilano)
Tralascio di di parlare del “resto”, ovvero delle tasse che arrivano dal governo delle larghe intese guidato da Enrico Letta (Pd) e sostenuto da Pd medesimo, Pdl e quel che resta di Scelta Civica per non attentare alle coronarie di chi legge: Trise, Tasi e Tari, il blocco delle rivalutazioni delle pensioni sopra i 2mila euro netti già bastonate per due anni da Mario Monti, con annessa violazione del patto cittadino – Stato scritto a chiare lettere nella “Costituzione più bella del mondo” (quando fa comodo), la maxi stangata su immobili e seconde case in particolare, l’aumento dell’Iva, delle accise dei bolli e via via tassando in un crescendo rossiniano fra un mare di parole inutili che ormai hanno il sapore della presa in giro. Aggiungo solo il bonario atteggiamento del ministro Graziano Delrio (Pd) che nel salotto televisivo di Bruno Vespa si è detto sicuro che no, quando mai i sindaci faranno una corsa per arrivare ad applicarele aliquote più altre previste dalla “macchina dell’incasso” governativa…
Forse è meglio che chi si colloca a sinistra dica cose di sinistra, è più serio e onesto nei confronti degli italiani bastonati da Stato ed enti locali. Oppure dimostri in Parlamento, con i fatti, che quel che afferma Matteo è vero, altrimenti è chiaro che lui ha sbagliato partito e in ogni caso non gli conviene vantarsi troppo di avver arruolato molti sindaci piddini fra i suoi appassionati supporter nella scalata al soglio dei democratici… (ma fare il segretario di partito gli conviene davvero?). Più che morire democristiani rischiamo di morire tartassati, altrimenti a che servirebbe fare le larghe o piccole intese che siano? Siamo seri… servono a far digerire (fino a quando?) medicine amarissime come pretendono Merkel e c. Intanto aspettiamo che Matteo metta nero su bianco il suo programma, l’attesa sta diventando davvero insopportabile per chi non ama slogan immaginifici e buoni per tutti gli usi che hanno un grande effetto mediatico alle convention della Leopolda che lanciano Forza Renzi (e D’Alema dice: “E’ come Virna Lisi…”) ma che interessano sempre meno chi andrà a votare e vuol sapere prima di entrare nella cabina elettorale per cosa vota più che per chi vota.
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