PIR: primi segni negativi
PIR: nel 2017 sono andati a traino del mercato, ma i recenti storni mettono in dubbio alcuni pilastri
I Piani individuali di risparmio PIR – scrive Walter Demaria di www.rendimentofondi.it – per tutto il 2017 hanno rappresentato la vera novità, e come spesso accade sono stati pubblicizzati fino a farli diventare quasi il nuovo “verbo” da seguire; per certi versi mi ha ricordato la fase in cui nacquero i primi ETF.
Alla base di tutto c’è la certezza che a guadagnare sono sicuramente i collocatori e le reti perché il sottoscrittore è obbligato a rimanere vincolato per cinque anni, ma saranno profittevoli anche per l’investitore finale?
Il settore dei Piani individuali di risparmio ha raccolto quasi 11 miliardi di euro e i fondi, gli ETF, e anche i singoli titoli hanno registrato una decisa impennata ben al di sopra delle aspettative iniziali. Tutto questo facendo leva psicologica su di un tema tanto caro agli italiani: lo sgravio fiscale.
Esistono però almeno un paio di criticità importanti – scrive Walter Demaria di www.rendimentofondi.it – legate a questo strumento: la prima è legata ai costi, infatti, almeno inizialmente molte case di gestione avevano imposto spese di gestione che incidevano pesantemente sui benefici fiscali; alcuni di essi hanno poi ridotto le commissioni durante il corso dell’anno.
L’altra importante criticità è data dal fatto che il legislatore inizialmente intendeva favorire lo sviluppo delle PMI, ma vista la scarsità di PMI quotate a piazza affari e la loro elevata volatilità, spesso i gestori si sono rivolti verso mid cap più sicure. Secondo l’autorevole fonte Mornigstar, solo il 5% della massa totale dei Pir è stata convogliata verso l’AIM, il resto è andato verso società a media capitalizzazione (almeno 800 milioni di Euro).
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Basti pensare che nel segmento AIM solo il 15% delle azioni ha un flottante superiore ai 100 milioni, questo ha fatto sì che questo comparto nel 2017 si sia incrementato del 22%; inoltre, nel 2017 ci sono state 32 Ipo di cui 24 sull’AIM.
Oggi il regolatore – scrive Walter Demaria di www.rendimentofondi.it – nel tentativo di tenere alto il morale ha deciso di aprire il mercato dei PIR anche alle SIIQ (Società di Investimento Immobiliare Quotata), ma se le PMI sono poche figuriamoci le SIIQ, infatti non a caso la sola notizia ha fatto volare tali società; due esempi di SIIQ a piazza affari sono Beni Stabili e IGD.
Sarebbe bello che il PIR restasse un veicolo grazie al quale, per una volta almeno, vincessero tutti; ma già il fatto che i gestori stiano ritoccando i prezzi in corso d’opera mi fa pensare che si siano resi conto di aver calcato nuovamente troppo la mano.
Però – conclude Walter Demaria di www.rendimentofondi.it – oggi c’è un fattore di rischio da non sottovalutare che è dato dall’ipercomprato sui mercati: il 2017 è stato un anno forse irripetibile per le borse di tutto il mondo, perché arrivavano dal periodo post recessione; ma a differenza del precedente, già il 2018 si avvia ad essere un anno decisamente più complesso da decifrare e il recente storno di azioni e obbligazioni ha fatto comparire i primi segni negativi anche nel favoloso mondo dei PIR.
Uno tra gli ETF con lo storico più lungo è il Lyxor FTSE Italia Mid Cap PIR (DR) UCITS ETF – Acc FR0011758085, della società Lyxor, il quale ha registrato il suo picco il 26/01/2018; oggi l’indicatore Trendycator si trova in zona neutrale e l’ETF si sta muovendo in maniera sincrona rispetto all’andamento generale del mercato italiano realizzando una modesta perdita.
Può sembrare banale ma è sempre bene ricordare che i benefici fiscali sui potenziali guadagni potrebbero non basterebbe a consolare il sottoscrittore in caso di incertezza dei listini nei prossimi 4 anni.
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