Quali saranno gli effetti dei dazi dell’amministrazione Donald Trump per l’economia statunitense? Attorno al tema dei dazi si sviluppa l’articolo pubblicato recentemente su Indipendente di Borsa da Ilaria Ferrari, che nella sua analisi parte da una visione teorica dei dazi doganali, per poi arrivare all’approccio dell’attuale presidente statunitense.

 

TEORIA ECONOMICA

Dal punto di vista teorico, spiega Ilaria Ferrari su Indipendente di Borsa, l’introduzione di dazi doganali ha lo scopo di mantenere i prezzi interni di un prodotto al di sopra dei livelli mondiali e quindi consentire all’industria locale di ottenere un margine di profitto superiore rispetto a quello che otterrebbe in un mercato libero. “Senza dazi – scrive Ilaria Ferrari -, un Paese tende a importare un prodotto quando il suo prezzo mondiale è inferiore al prezzo interno che risulterebbe prevalente in assenza di importazioni. Tuttavia, questa forma di protezionismo può avere un costo elevato per i contribuenti e generare una perdita per i consumatori maggiore rispetto al guadagno per i produttori interni”.

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(Pindyck & Rubinfeld, 2013)

 

Nel suo articolo su Indipendente di Borsa, Ilaria Ferrari spiega poi quanto riportato nella figura qui sopra:
“· O e D rappresentano le curve di offerta e di domanda interna.
· In un mercato libero, il prezzo interno sarà equivalente al prezzo mondiale Pm e le importazioni saranno pari alla quantità di domanda non soddisfatta dalla produzione interna (Qd – Qo).
· Ora supponiamo che venga imposto un dazio sulle importazioni pari a T euro per unità. Il prezzo interno salirebbe a P* (il prezzo mondiale più il dazio); la produzione interna aumenterebbe (da Qo a Q’o) e il consumo interno diminuirebbe (da Qd a Q’d).
· I consumatori che continuano ad acquistare il bene (nella quantità Q’d) pagheranno di più, subendo una perdita pari alla somma del trapezio A, del triangolo B e del rettangolo D. I consumatori che rinunciano all’acquisto a causa del prezzo più alto determinano una perdita aggiuntiva, rappresentata dal triangolo C. La perdita totale per i consumatori è quindi A + B + C + D.
· Il trapezio A rappresenta il guadagno per i produttori interni, che vendono di più (Qo invece di Q’o) e a un prezzo superiore (P* invece di Pm).
· Il governo incassa l’imposta applicata moltiplicata per la quantità di beni importati, che equivale al rettangolo D.
· Il paese nel suo insieme subirà una perdita di benessere pari a B + C.
A e D infatti “escono dalle tasche” dei consumatori interni, ma entrano rispettivamente in quelle dei produttori interni e dello Stato.
B e C invece rappresentano una perdita secca, rispettivamente per la sovrapproduzione interna (subottimale per i consumatori) e per la riduzione dei consumi”.

 

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VENENDO ALL’APPROCCIO DI TRUMP…

Ad inizio aprile Donald Trump ha annunciato l’introduzione di dazi commerciali “reciproci”, vale a dire variabili in base al livello di barriere commerciali che secondo il presidente americano gli altri paesi impongono agli USA (dazi, burocrazia doganale, normative sanitarie, etc.).

Ilaria Ferrari osserva come questo tipo di azione rappresenti un rovesciamento di alcuni principi seguiti precedentemente in ambito commerciale. Ferrari spiega come dopo la Seconda guerra mondiale, gli USA abbiano contribuito a costruire un ordine commerciale internazionale basato su regole ben precise a favore del libero scambio. Un sistema, promosso da istituzioni come il GATT prima e l’OMC poi, che si fondava sul principio della non discriminazione (cioè il divieto di applicare dazi diversi a seconda del Paese di provenienza) e quello della non reciprocità (che consentiva ai Paesi in via di sviluppo di mantenere dazi più alti senza obbligo di trattamenti simmetrici).

“Trump rompe questi principi e li rovescia – scrive Ferrari -. Secondo la sua visione, il commercio equo non si basa sull’apertura uguale per tutti, ma sulla reciprocità: se un Paese impone barriere commerciali agli Stati Uniti, allora gli Stati Uniti devono fare lo stesso”.

“L’obiettivo dichiarato – continua Ferrari – è ridurre l’elevato deficit commerciale statunitense ($ 1.134 mld nel 2024), ovvero il differenziale negativo tra il valore totale delle esportazioni e il valore totale delle importazioni, che Trump attribuisce alle barriere imposte dagli altri Paesi”.

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(Wolf, 2025)

 

 

DAZI E SISTEMA PRODUTTIVO STATUNITENSE

Nel suo articolo su Indipendente di Borsa, Ferrari spiega anche che ci sono casi in cui l’uso mirato dei dazi può avere una logica economica (ad esempio per proteggere settori strategici o favorire l’occupazione di manodopera meno qualificata), tuttavia tra gli economisti è opinione diffusa che dazi generalizzati siano inefficaci e dannosi. “Nel caso degli Stati Uniti, molti settori non dispongono più della capacità produttiva per sostituire le importazioni – scrive Ferrari -. Introdurre dazi su prodotti provenienti da Paesi come Cina o Bangladesh non farà tornare l’assemblaggio degli iPhone o la produzione di abbigliamento sul suolo americano. Lo stesso vale per molti prodotti alimentari italiani, che non hanno equivalenti nazionali”.

“In mercati dove la domanda è poco elastica – ancora Ferrari -, i produttori riescono a trasferire il costo dei dazi direttamente ai consumatori. Gli studi sull’esperienza della prima amministrazione Trump mostrano che i dazi si sono riflessi quasi interamente sui prezzi finali, con poche eccezioni (con delle eccezioni, per esempio nell’acciaio). Il risultato è stato un aumento dei costi per le imprese e dei prezzi al consumo”.

 

QUALE EFFETTO?

Per Ilaria Ferrari, almeno nel breve periodo, i dazi di Trump produrranno effetti simili a una tassa sui consumi. “I rincari colpiranno in misura maggiore le fasce meno abbienti della popolazione, che destinano una quota più alta del reddito ai beni di consumo – conclude Ferrari -. I dazi avranno un effetto regressivo sull’economia americana, aumentando le diseguaglianze”.

Riferimenti
– Pindyck, R. S., & Rubinfeld, D. L. (2013). Microeconomia (ottava ed.). Milano-Torino: Pearson Italia.
– The Budget Lab at Yale. (2025, Maggio 23). State of U.S. Tariffs: May 23, 2025.
– The Budget Lab at Yale. (2025, Maggio 29). State of U.S. Tariffs: May 29, 2025.
– Wolf, M. (2025, Maggio 13). The challenge of using excess global savings. Financial Times.