Il governo ha deciso di prendersi una pausa di riflessione sul piano di costruzione di centrali nucleari in Italia. Si tratta di un passo falso. Riflessioni sul nucleare ne abbiamo fat­te già troppe. Il prezzo del­l’abbandono dell’atomo lo paghiamo da anni nelle no­­stre bollette. Si parla sem­pre del debito pubblico, e ie­ri l’Ocse ci ha ricordato il no­stro passivo pensionistico, ma se c’è un macigno che ti­ra il freno alla nostra cresci­ta economica, quello si chia­ma dipendenza dai combu­stibili fossili. Il primo er­rore del go­verno è, per così dire, for­male. Qual è il motivo logi­co per il qua­le l’incidente in Giappone debba avere conseguenze per l’Italia? C’è forse qual­cuno, tra chi ci governa, che, oggi più di ieri, si sia accorto che l’energia nu­cleare non è esente da ri­schi? Serviva forse il Giap­pone per ricordare al mon­do che i manufatti dell’uo­mo talvolta sono pericolo­si? Non si riesce bene a capi­re su cosa debba riflettere il governo.

Non certo sull’esi­genza di diversificare le no­stre fonti di approvvigiona­mento. E men che mai sul fatto che le tecnologie che sarebbero state adottate in Italia sono di generazione ben più sicura di quella coinvolta in Giappone. Se c’è un unico,misero vantag­gio che abbiamo verso il re­sto del mondo nuclearizza­to, è che sul nostro territorio non ci sono e non ci saran­no mai impianti di vecchia concezione. Un governo li­berale non adotta piani di politica industriale centra­lizzata, ma si limita a fornire le condizioni affinché l’in­dustria prosperi. Il nucleare resta una buona occasione. E il governo questo lo ha det­to e scritto in tutti i modi. Il timore è che, parafrasando Huygens,l’Italia sia diventa­ta piena di «teologi» che si comportano come «i por­ci »: «quando tiri la coda ad uno, gridano tutti». Insom­ma, il pensiero all’ammas­so.

E il governo non ha il co­raggio di andarci contro. Un secondo fatale errore, ovviamente collegato al pri­mo, riguarda il nostro futu­ro energeti­co. Il petrolio e i suoi simili, sia per l’incre­mento della domanda nei Paesi emergenti, sia per la ridu­zi­one delle ri­serve a buon prezzo, sono destinati a co­stare caro. Le fonti rinnova­bili, per ora, sono costo­s issime. Qualcuno forse si di­mentica che gli incentivi previsti dall’Italia costeran­no, per i prossimi 20 anni, 90 miliardi di euro. E a pa­garli sono tutti gli italiani con le loro bollette. I tede­schi pag­ano per la sola com­ponente rinnovabile un so­vrapprezzo superiore al co­sto di un kilowatt in Russia. Insomma, facciamola bre­ve. È impensabile credere che questo governo stia ra­dicalmente cambiando la sua politica energetica. Se così fosse, sarebbe un disa­stro: alla Pecoraro Scanio, per intenderci. Se invece è un modo per passare la nottata, il rischio di far perdere ancora tem­po al piano nucleare è co­munque troppo elevato.

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