Tutto si puó dire di Matteo Renzi tranne che non sappia scegliere bene i propri nemici. Alcuni interessano questa zuppa, altri meno. Ieri in un’interessante intervista concessa a Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera, non si è risparmiato. Fulminante con i magistrati e le loro scelte maschiliste al Csm, tranchant (evviva) sui quattro «comitatini» che bloccano le grandi opere energetiche in Italia, e subdolo poi con Grasso e la Boldrini (specialità dove, però, è difficile eguagliare il nostro Granzotto) per la loro timidezza nel metter un tetto agli stipendi delle loro intoccabili istituzioni.
Ma il centro polemico del premier è risultato essere il sistema bancario. Due passaggi molto significativi. Nel primo sfotte quegli analisti di banche internazionali che prevedevano il fallimento dell’Italia. Noi, dice Renzi, non siamo falliti, molte banche sì. Insomma quando leggi il tuo presidente del Consiglio che mette in riga i ragazzotti presuntuosi che facevano le pulci ai nostri bilanci e non si accorgevano delle travi nei propri, un po’ di sadica soddisfazione la trai.
Il secondo passaggio è più circostanziato, perché prende di mira il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, e per suo mezzo l’establishment del mondo creditizio italiano. Patuelli sembrerebbe piuttosto istituzionale anche se dovesse indossare un costume da bagno, non è certo un pasdaran rivoluzionario: nell’ultima assemblea dei banchieri si è permesso di dire che le tasse in Italia sono troppo alte. Renzi alla Meli dice di non accettare «lezioncine» da Patuelli, che, piuttosto, si adoperi affinché si prestino quattrini alle imprese. Il premier si compiace poi della risposta «pacata, ma tosta» che avrebbe riservato a Patuelli, il suo assessore all’economia, Padoan. Su quest’ultimo bersaglio polemico conviene approfondire.
È idea diffusa che il sistema creditizio italiano non presti a sufficienza. Autorevoli banchieri (oltre a Patuelli, solo una settimana fa lo diceva anche Alessandro Profumo) sostengono invece che in Italia il sistema creditizio eroghi una percentuale di finanziamenti che supera di circa il 20 per cento la raccolta privata. Dunque, semmai, per costoro, ci sarebbe uno squilibrio. Il centro studi della Confcommercio (che meglio di tanti economisti fotografa la situazione delle piccole imprese) pur non essendo una delle associazioni più amate dal Nostro, sembra dare ragione a Renzi in pieno. Secondo una recente ricerca del suo ufficio Studi solo il 3,7 per cento delle imprese del settore del terziario di mercato ha ottenuto un finanziamento dal settore bancario nel primo trimestre del 2014. La percentuale nel 2009 era del 22,2 per cento. La ricerca dice di piú. La scarsità di finanziamenti non deriva solo dalla mancata richiesta da parte delle imprese, ma anche dalla parsimonia, diciamo cosi, delle banche. Nel 2009 il 64% delle richieste veniva accolta, nel 2014 solo il 25 per cento. Insomma il cavallo non beve come prima, ma quando ha sete gli rifiutano quel po’ di acqua che lo salverebbe. Sarebbe interessante una analoga ricerca sugli associati manifatturieri di Confindustria.
Renzi sa dunque che trovandosi come nemico il banchiere sfonda una porta spalancata nell’opinione pubblica. Scommettiamo il solito mestolo che Patuelli non risponderà. La cosa che alla zuppa, un po’ spettegolezzina, interessa è anche la battuta di Renzi su Padoan. Ci siamo andati a rivedere l’intervento all’Abi dell’economista. Abbiamo in effetti riscontrato la pacatezza di un uomo evidentemente piú abituato a parlare in inglese che in pubblico, ma di risposte «toste» a Patuelli, neanche l’ombra. Anzi Padoan, a caldo, ha detto che si sarebbe dovuto, conti permettendo, abbassare le imposte, come aveva appena chiesto Patuelli. Renzi sa cosa vuol dire essere tosti, e ha dimostrato di esserlo anche con interlocutori internazionali, dunque è difficile capire come non riconosca una materia che conosce così bene.
La sintesi è presto fatta. Renzi quell’attacco alle banche lo voleva proprio fare, ha fatto capire che, anche se nessuno se ne era accorto, il suo assessore è del medesimo avviso e per di piú si è divertito a fare questa intemerata proprio sul giornale delle banche.

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