Ci sono piccole cose che raccontano l’inferno fiscale nel quale siamo scesi. Un poveraccio, cioè uno di noi, chiude il contratto con il gestore di telefonia mobile. Dopo qualche mese gli arriva un accertamento dell’Agenzia delle entrate che pretende 146 euro di tassa governativa sui telefonini (altra assurda tassa italiana). Il malcapitato aveva disdetto il contratto da mesi. Prende tutti i documenti e li consegna ai funzionari pubblici affinché – una volta viste le carte – come prevede la legge, ci ripensino. Niente da fare. Continuano con la pretesa «senza se e senza ma». Il nostro povero Cristo è però tignoso e va avanti con un ricorso alla commissione tributaria. Sì, lo so, siete già incacchiati. Il giudice si accorge dell’assurda pretesa e non solo cancella la presunta evasione fiscale, ma condanna i geni dell’Agenzia a pagare 700 euro di spese (i dettagli in un pezzo di Laura Verlicchi).
Questa piccola storia ci descrive una situazione più complessa.
1. Quelli dell’Agenzia delle entrate si comportano spesso da furbetti. Statisticamente sanno che i contribuenti cedono anche di fronte alle sopraffazioni. Il funzionario dello Stato di diritto si comporta come un playboy al Billionaire: ci prova con tutti. Questo è uno dei motivi principali per i quali fare impresa in Italia è diventato impossibile. Lo Stato continua con le sue pretese (grandi o piccole) fino alla morte (spesso dell’impresa o del contribuente), tanto a pagare in ogni caso sono sempre gli stessi (l’impresa e il contribuente). Il paradosso è infatti che l’amministrazione centrale ha dovuto versare una cifra cinque volte superiore al preteso.
2. Quando leggete delle mirabolanti imprese delle nostre forze dell’ordine (specializzata è la Guardia di finanza) nel combattere l’evasione fiscale, dubitate. Quando si sparano numeri sugli accertamenti, si spara nel vuoto. Una buona parte finisce nel nulla, poiché si tratta di operazioni fatte su aziende fallite. Ma questo è fisiologico. Una buona parte subisce invece il trattamento che abbiamo appena descritto. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Economia, nei primi tre mesi di quest’anno i privati hanno vinto contenziosi fiscali per 3,6 miliardi. Gli uffici pubblici per 3,5 miliardi. Il che vuol dire che più di un euro ogni due preteso dalle agenzie pubbliche è non dovuto. Se non temessimo di ricevere una querela, potremmo definire questo comportamento da parte dello Stato, al pari di un tentativo di estorsione.

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