[photopress:nichi_vendola.jpg,thumb,alignleft] Il “dibattito” – ma nella sostanza è uno scontro – tutto interno alla sinistra e al centrosinistra che va avanti da mesi, dopo l’avvento del governo “tecnico” Monti, appoggiato in parlamento da Pdl, Pd e Terzo Polo, si è riacceso dopo l’ultima uscita di Nichi Vendola sull’Unità nella quale accusa il Pd di moderatismo e rilancia “da sinistra”, attaccando Bersani e i riformisti piddini e sventola la muleta rossa di un possibile Quarto Polo… A conferma delle difficoltà e dei margini di manovra ristretti in cui si muove il segretario democrat. Con tutte le incognite del caso, sia se ci fossero elezioni anticipate (che il Pd non vuole)  sia se si arrivasse a fine legislatura,  in termini di bottino elettorale, alleanze, rapporti di forze e leadership.

I tempi del patto di Vasto, della stretta di mano fra le “tre grazie” (Bersani, Vendola, Di Pietro) con l’esaltazione del Nuovo Ulivo sembrano archeologia politica. Altri affanni incombono con l’agenda dettata dalla crisi economica, dalle riforme che dividono (dalle pensioni alle nuove regole per lavoro e welfare fino alle considdette liberalizzazioni). E la sinistra si spacca ancora. Che cosa ha detto Vendola nell’intervista al quotidiano che fu di Gramsci?

“Io non lancio aut aut, sono molto rispettoso verso il Pd, ma se la prospettiva di un nuovo Ulivo di cui ha parlato Bersani non c’è più perché c’è una svolta a destra, noi saremo competitivi con il Pd in maniera virulenta”. E ancora: “…Il Pd non può avere un’azione incisiva sulle politiche di Monti perché la sua capacità è stata annientata a monte, dalla parte più moderata del partito. I gruppi dirigenti, alcuni, hanno impedito un negoziato più stringente sulla direzione del governo Monti che finora ha evocato scenari, ma non sciolto i nodi, dalla patrimoniale alla tobin tax”. Ciliegina finale: se fosse così io e Di Pietro “non abbiamo paura a metterci a capo di un altro polo di governo, alternativo al Pd”.

Parole che nella sinistra pesano, se c’è chi paventa con la rottura del patto di Vasto, anche il rischio di una scissione nel Pd… All’avvertimento vendoliano ha replicato Massimo D’Alema a modo suo, con un tono un po’ curialesco ma netto nella sostanza: “Io non ho più nessuna seria ragione per litigare con Vendola, semplicemente l’unica cosa è che lui deve avere un pò di pazienza e spirito unitario, e deve rendersi conto che bisogna costruire insieme una stagione credibile di governo a partire dall’esperienza positiva di questo governo.  Vorrei invitarlo a ragionare di politica. Noi ci siamo appassionati degli strumenti, delle primarie, a me interessano molto di più i contenuti, che cosa fare per il bene di questo Paese. Vendola non è soltanto mediatico,  governa in condizioni difficili. È il nostro presidente della nostra regione, lo sosteniamo e ne valorizziamo il lavoro”. Già, sostegno al governatore pugliese, ma fino a quando, verrebbe voglia di chiedere…

Non è finita, perché D’Alema, a proposito del governo Monti, ha detto: “Giungerà a fine legislatura. Nessuno ha la forza nè l’ardire di buttare all’aria questa esperienza,  chiunque lo facesse pagherebbe un prezzo elettorale altissimo”.

Ma da sinistra suona un’altra campana, quella del sindaco arancione di Milano Giuliano Pisapia, la cui vittoria elettorale è stata celebrata in piazza Duomo proprio da Vendola, risalito al Nord dalla Puglia per mettere il cappello su quel successo. Fine legislatura? No si deve andare al voto prima. Perché, ha spiegato Pisapia in tv, su La7 da Gad Lerner, “un governo tecnico, che deve far fare agli italiani dei sacrifici ulteriori in una situazione difficile, deve avere un termine prefissato. Questo termine non è stato prefissato. Io ritengo che fatta la prima manovra, quella più pesante, ci dovrà essere del tempo, 2-3-4 mesi, per fare tutte le cose intermedie, decisive per lo sviluppo e per ristabilire un po’ di equità, la legge elettorale e poi si vada al voto entro l’estate o come limite massimo entro settembre”. Perché “un governo simile non regge oltre e rischia di sfaldare la sinistra”.

E Bersani? Ecco come replica in un’intervista a “Panorama”: “La fase della ricostruzione politica prevede un passaggio di cui il Pd si è caricato generosamente. Ben vengano le critiche, ma se si grida all’inciucio o al tradimento, io non ci sto”. Messaggio diretto a Di Pietro e Vendola. E ancora: “Devo mettere in sicurezza la prospettiva del partito riformista del nuovo secolo. Se pensassi che questo partito ci fosse già, me ne andrei ora”.

Vedremo chi butterà altra benzina sul fuoco che arde dopo l’Opa di Vendola sul Pd con la richiesta (inevasa, di primarie per la leadership del centro sinistra). Il 22 gennaio a Roma c’è un’assemblea generale di Sel con Pisapia, Landini, De Magistris, Michele Emiliano che sarà preceduta, il 20 e il 21, da quella del Pd. E credo che non ci saranno scambi di carezze politiche fra i duellanti, all’interno del Pd e fra Pd e Sel.

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