In tempi di Covid fate attenzione a Babbo Natale
Se si era attrezzati di una buona dose di ottimismo ci si poteva anche illanguidire di fronte ai canti sui balconi, al pane fatto in casa, agli arcobaleni disegnati dai bambini e credere che dopo il buio ci saremmo ritrovati in un mondo migliore. Il collega d’ufficio avrebbe smesso di grugnirsi addosso, i giovani avrebbero ceduto il posto sull’autobus, la vicina di casa ti avrebbe portato una torta e, voglio esagerare, tua figlia ti avrebbe finalmente dato ragione almeno una volta. Poi ci siamo svegliati. Più litigiosi ed incazzati di prima, con l’apparizione di strani labirinti di strisce ciclabili, orde di monopattini come pac-man impazziti, banchi di scuola trasformati in autoscontri. Dopo l’appello “andrà tutto bene” siamo tornati a litigare regolarmente. Forse era meglio non farsi illusioni… Poi, d’improvviso in una tranquilla domenica d’ottobre si illumina il televisore in prime-time su rete nazionale e compare Roberto Speranza, ministro della salute non dell’interno, ad annunciare che il nuovo dpcm del Governo vieterà le feste e le riunioni private (anche una cena per intenderci) aggiungendo: «Aumenteranno i controlli (…) contiamo sulla segnalazioni dei vicini». Attimo di silenzio, incredulità, sconcerto, sipario. Seguono riunioni di governo fino a tarda notte con Speranza paladino della norme perentorie contro la nuova categoria dell’assembramento di congiunti, poi l’annuncio sulle misure (attive fini al 13 novembre): limite di 30 persone per matrimoni e funerali, coprifuoco alle 24 per ristorazione (alle 21 per i locali senza servizio al tavolo), stop agli sport amatoriali di contatto (calcetto per intenderci), alle gite e alle visite guidate. E le riunioni familiari? Non più vietate ma solo «sconsigliate» ma «con forte raccomandazione» di non ricevere in casa oltre 6 persone. Il che, con le decorazioni natalizie già esposte nei grandi magazzini, per un italiano medio è come una dichiarazione di guerra. Così le parole del ministro sono rimaste sospese nell’aria come in attesa del botto di un tuono dopo un lampo. Con il sapore acre delle cose non dette, lasciando un soffuso timore di “lesa libertà”. In un batter d’occhio sui social la app-Immuni si è trasformata ironicamente nella “app-Spiùni” ed è stata tirata in ballo anche la Stasi. La delazione, sottobraccio alla calunnia, bussa alla porta di una società devastata da mesi di lockdown, dal crollo dell’economia, dalla paura del contagio e del futuro. Una piaga ben nota alla storia dai “delàtor” disposti a tutto pur di far carriera descritti dallo storico romano Tacito, ai tempi bui della caccia alle streghe e dell’Inquisizione. Nel 1310 la Repubblica di Venezia aveva disseminato ogni sestiere con le bocche delle denunce o “boche di leon” per permettere a chiunque di imbucare proprie segnalazioni anonime. Metodo forse valido, eppur così facile da usare per far male e limitare la libertà che la stessa Serenissima si vide costretta a darci un taglio ordinando che le lettere anonime e senza testimoni venissero bruciate. La verità è che la delazione, agile strumento di vendette e facili vantaggi, oggi si trasforma nella politicamente corretta “assunzione di responsabilità del cittadino” (evoluzione italica del whistleblowe d’oltreoceano) e mette i brividi a osservarne il lato oscuro. Di questi tempi bisognerà guardarsi anche dalle letterine a Babbo Natale se abbiamo in programma di fare il cenone