femminismo

Il più grande cambiamento della storia recente sta avvenendo sotto al nostro naso senza che noi ce ne rendiamo davvero conto. E sta esplodendo, come sempre accade, intorno al perno di due semplici parole: “maschilista” e “femminista”, corredate di un corollario aritmetico spietato.

Ciascuno di noi porta nel cervello queste parole e spesso inconsapevolmente è partecipe di queste epocale rivoluzione, anche nel suo risvolto numerico.

Queste parole due secoli fa non esistevano. Tutti erano convinti che esistesse una differenza sostanziale fra uomini e donne e che l’uomo dovesse prevalere socialmente mentre per la donna era prevista la supremazia nella sfera privata e nella famiglia, di cui era signora. E così è andata per millenni. E per millenni abbiamo proliferato e garantito un futuro ciascuno alla propria civiltà. Perché si facevano molti figli.

Poi in Occidente è nato un movimento organizzato per garantire alle donne alcuni diritti, tra cui spiccava quello di votare. E in quei momenti, nell’ambito di quello scontro, nascono i termini “femminista”, che era semplicemente l’aggettivo per le donne che volevano il diritto di voto, e “maschilista” che era quello previsto per chi si opponeva.

Ma le parole, si sa, cambiano significato e chi le padroneggia è padrone del mondo.

Perché da allora la grande onda del femminismo ha fatto emergere il termine “parità”, che poi è diventato “uguaglianza”. E così è diventato “maschilista” chiunque non pensasse che uomini e donne siano uguali e quindi pari.

Dall’aver accettato una battaglia, giusta e legittima, ci siamo ritrovati in casa una nuova ideologia.

E con la leva della “parità” la mentalità femminista, installata dai media nelle menti di uomini e donne, ha preso il potere ed è diventato pensiero unico in Occidente. E prassi indiscussa.

Oggi una donna in carriera, che vive la sessualità come un maschio e che progetta di fare un figlio a quarant’anni una volta sfogate le ambizioni professionali, spesso si arrabbia se le si dice “femminista”. Senza capire che di quell’ideologia è il prodotto e l’incarnazione.

E immediatamente un uomo che cerchi una donna che faccia ciò che le donne hanno fatto per tutti i 1968 anni dopo Cristo prima della rivoluzione, e per chissà quanti millenni avanti Cristo, subito è tacciato di maschilismo e considerato una specie di Neanderthal sopravvissuto per sbaglio.

Peccato che tutto questo pensiero ci stia portando semplicemente all’estinzione. Perché lo spietato corollario aritmetico ci dice senza possibilità di smentita che se le donne fanno meno di tre figli ciascuna siamo semplicemente in decrescita demografica. E decrescendo si viene soppiantati da altri. Così mentre le nostre donne sono orgogliose di dedicarsi allo studio, alla carriera e a se stesse, donando alla società al massimo un figlio, altre donne partoriscono iniziando quando le nostre sono concentrate a scrivere tesi sui flussi migratori.

Potrà mai esistere una società contemporanea che rottama gli stanchi dogmi dell’uguaglianza e della parità e ritorna al realismo della diversità?