Amanda Gorman non sarà tradotta in olandese da una poetessa che ha la colpa di essere bianca
Amanda Gorman non sarà tradotta in olandese dalla poetessa Marieke Lucas Rijneveld. La giovane scrittrice era stata già scelta, ma è stata attaccata frontalmente perché bianca. E lei ha rinunciato.
La critica principale è arrivata da un’attivista nera, Janice Deul, che sul giornale Volkskrant (che un tempo era un giornale cattolico) ha scritto:
“Non è a dir poco un’occasione persa assumere Marieke Lucas Rijneveld per questo lavoro? È bianca, non-binaria (…) Non per togliere nulla alle qualità della Rijneveld, ma perché non scegliere una scrittrice che è – proprio come la Gorman – artista della parola parlata, giovane, donna e impudentemente nera”.
Janice Deul ha scritto apertamente, su un giornale popolare olandese, che per tradurre un’autrice donna e nera bisogna scegliere una traduttrice donna e nera.
Che è come dire che per tradurre, per esempio, Walt Whitman serve un traduttore di razza ariana perché anche lui era di razza ariana. Se qualcuno sostenesse questa tesi verrebbe – giustamente – (ancora) bollato come razzista e licenziato dalla sua carica.
Ma Janice Deul non solo non verrà licenziata dal giornale su cui scrive ma di certo guadagnerà insperata popolarità.
Amanda Gorman e l’ideologia che sta conquistando il mondo
Perché questa nuova ideologia che sta avanzando sembra fare a botte con la più elementare logica aristotelica.
Da un lato infatti l’uguaglianza sembra essere l’unica bussola autorizzata. “Égalité”, dovremmo gridare in ogni istante. Però poi, come ci ha insegnato Orwell, “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. E così non si può dire che ciò che è accaduto sia un episodio radicalmente razzista.
Questa mortale alleanza fra femminismo radicale, woke culture e senso di colpa puritano-americano si proietta sulla nostra Europa e ci fa sentire, in quanto bianchi, tutti razzisti. Se poi siamo pure maschi dovremmo autocondannarci al silenzio. E quindi non rispondiamo come dovremmo ad un attacco del genere.
La gravità di questo fatto mette in luce tutte le ipocrisie e la violenza dell’ideologia che sta dietro al fenomeno mediatico-politico di Amanda Gorman. Che poi è la poltiglia culturale che sta alla base dell’attuale amministrazione americana.
E che ci stanno impiantando nei nostri crani.
Prendi una ragazza, nera, che usa la poesia per supportare il partito democratico. Non importa se non scrive poesie ma discorsi politici. Serve. Falla diventare un’influencer da un giorno all’altro. Ed ecco un nuovo vitello d’oro da far adorare alle truppe radical chic.
Se la critichi sei di botto razzista, perché è nera, sessista, perché è donna. E sei pure stupido, perché è giovane e i giovani vanno incoraggiati.
Ma nessuno di quelli che abitualmente vedono il razzismo in ogni angolo oggi alzerà la sua voce per difendere la giovane poetessa bianca discriminata.
Cortocircuito logico.
Avevo già messo in guardia da questo fenomeno mediatico. Ma il pericolo è più grande del previsto.
C’è una guerra epocale da combattere. Una guerra che ha come campo di battaglia la cosa più preziosa che abbiamo: le parole. Pensiamoci bene ogni volta che usiamo il termine “razzismo” o “discriminazione”. Sono termini importanti. E se lasciamo che questi seminatori di confusione si autoproclamino loro proprietari esclusivi non potremo più usarle per combattere il razzismo e la discriminazione reale.
Proprio come è accaduto oggi.