ITALIANA: è giusto che il Ministero degli Esteri ignori completamente il pluralismo nella cultura?
Il Ministero degli Affari Esteri ha presentato un nuovo portale, “Italiana”, dedicato alla promozione della lingua, della cultura e della creatività italiana nel mondo, che vede il Ministero impegnato sia nel ruolo di promotore che di produttore e sostenitore diretto di iniziative culturali. L’idea sembrerebbe ottima.
Peccato che parta nel peggiore dei modi.
A lanciare l’iniziativa infatti, oltre al ministro Di Maio e alla vice direttrice Cecilia Piccioni – figure istituzionali – il ministero ha chiamato personaggi che raccontano la malattia di fondo della cultura italiana. Ossia la sua faziosità militante e la totale mancanza di pluralismo.
Padrona di casa è stata Loredana Lipperini. Una giornalista di lungo corso ed esperienza, innegabile, ma radicalmente militante. Un po’ il simbolo di quella costellazione di premi, fiere, eventi in cui esisti solo se fai professione di fede. E di appartenenza alla banda. Che poi è la stessa Lipperini che nel 2004 firmò a favore del terrorista Cesare Battisti e che ancora oggi (dopo che lo stesso terrorista ha ammesso i suoi crimini) non ha fatto marcia indietro.
La persona giusta per lanciare un’iniziativa del Ministero degli Esteri?
Ospite d’onore, ovviamente, Michela Murgia. Che sì, tecnicamente è una scrittrice. La Lipperini addirittura la definisce “grande”. Una scrittrice che però dichiara: “A me di scrivere romanzi non frega niente, io sento la scrittura come un dovere civile”. Cioè uno strumento di propaganda per le sue idee. In altri paesi verrebbe definita “attivista”. E infatti è riuscita a usare persino il minuto che aveva a disposizione per fare la sua stanca propaganda e a prendersela con chi si fa vanto delle superiorità artistiche e storiche italiane, che lei bolla come “etnocentrismo”. Non c’è da spenderci parole sopra, basta leggere alcune di quelle che sono già state scritte.
L’Italia è un paese di scrittori e poeti. Proprio lei bisognava affiancare alla Lipperini?
Poi c’era Paolo Fresu. Nulla da dire sulle sue qualità musicali, certo. Ma guardacaso è stato coordinatore del PD in Sardegna e da sempre fa propaganda politica per lo ius soli, uno dei cavalli di battaglia di una certa sinistra. E che addirittura invita chi non la pensa come lui a non comprare i suoi dischi. Insomma, un altro attivista.
Se oltre a loro fossero stati invitati almeno un paio di artisti o persone di cultura con altre visioni del mondo per riequilibrare il tutto non ci sarebbe nulla da obiettare. Meglio ancora sarebbe stato se fossero state coinvolte persone meno divisive, persone di cultura e artisti più liberi, in quell’idea di cultura libera che in Italia sembra pura utopia.
Invece no.
Gli altri invitati non hanno svolto questo ruolo.
Ancora una volta chi occupa gli spazi della cultura per trasformarli con la solita arroganza in pulpiti di propaganda non si rende conto di quanto sia grave la mancanza di pluralismo. Proprio come accade alla fiera del libro di Torino e in tante altre manifestazioni e premi, che pure beneficiano di danaro pubblico, come spesso denuncio.
E ancora più grave questo diventa nel momento in cui a promuovere l’iniziativa è un’istituzione come il Ministero degli Esteri. Che utilizza soldi pubblici e che quindi dovrebbe essere molto attento a una visione plurale.
Il messaggio che il Ministero degli Esteri lancia è: volete fare cultura? Sostenete i terroristi, usate l’arte e la cultura per fare propaganda politica, siate faziosi. E soprattutto siate femministe radicali. Altrimenti per voi non ci sarà mai spazio.
Un messaggio molto pericoloso, in una democrazia fragile come la nostra.