I sondaggi raccontano che l’Italia è un paese a maggioranza liberale e conservatrice. La Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia rappresentano almeno metà della popolazione.

Eppure, nonostante la maggioranza della popolazione non sia di sinistra, continuano a spuntare come funghi profeti del verbo illiberale e ideologico, che siano Saviano che si accosta al martire Giordano Bruno, Greta Thunberg che riesce a ideologizzare – e quindi rovinare – anche la cosa più bella che ci sia, cioè la natura e la battaglia per l’ambiente, o una qualche femminista radicale, tipo la Murgia, che riesce a insaporire d’odio anche un commento ad un’opera.

E questi profeti continuano ad avere scranni nei giornali, posti in televisione e quindi seguito. Tanto da egemonizzare tutti gli spazi e le iniziative culturali. Non che manchino letterati e uomini (e donne) di cultura liberali o conservatori. Come non sono mai mancati. Da Borges a D’Annunzio, da Marinetti a Montale, da Pirandello a Yeats. Eppure se si parla di cultura, lo deve fare qualcuno della sinistra militante. Così a nessuno sembra strana, per esempio, l’egemonia estremista al salone del libro di Torino.

Giuseppe Verdi, prima deputato e poi senatore della destra

Perché? Perché la cultura continua a essere egemonia della sinistra e delle sue cangianti ideologie?

Avanzo quattro ipotesi e altrettante proposte:

  1. È un fatto antropologico: quelli di sinistra sono intelligenti, i liberali e i conservatori sono trucidi, stupidi e ignoranti. Questo è quello che pensa nella media una persona di sinistra. Che probabilmente è convinta che anche Ezra Pound, in quanto persona di cultura, sia in qualche modo filocomunista.
    Proposta: abbattere il muro di snobismo dei radical chic semplicemente considerandoli ciò che sono, cioè l’ultimo stadio di una classe dirigente culturale distaccata dalla realtà.
  2. La sinistra ha ancora un barlume di coordinamento culturale. I circoli di sinistra riescono ancora a egemonizzare qualunque realtà culturale perché sono ancora organizzati e dietro a loro il potere politico tende sempre una mano. Per converso i liberali e i conservatori sono ciascuno in preda alla smania di se stesso (da bravi liberali individualisti) o non disposti a mettersi al piano della sinistra (da bravi conservatori), mentre i politici di centro-destra considerano spesso la cultura come un settore di poco interesse.
    La proposta è molto semplice: basterebbe che liberali e conservatori superassero, almeno un po’, il proprio individualismo e si impegnassero a costruire cose insieme. E insieme facessero un appello ai propri politici di riferimento perché mettessero chi fa cultura in condizioni di operare in pace.
  3. I liberali e i conservatori in Italia non hanno ancora (ri)elaborato i propri capisaldi culturali. Questo è un tema centrale. La sinistra è in continua elaborazione della propria ideologia. In Italia in quindici anni si è passati dalla lotta di classe alla lotta di genere e nessuno oggi ha dubbi su quali siano i temi della sinistra: femminismo, cultura dei “diritti”, ambiente. L’universo del centro-destra italiano è molto più indietro in termini di elaborazione del pensiero. Cosa significa in Italia oggi essere di centro-destra? Significa essere liberali, conservatori, sovranisti?
    Proposta: trovare le parole chiave intorno a cui costruire un percorso comune. Parole semplici che possano mettere insieme le tante realtà che compongono l’universo del dentro destra, parole come tradizione, libertà, persona. Io ne propongo una: Bellezza.
  4. La semina ideologica della sinistra è stata lunga, si raccolgono frutti di alberi piantati decenni fa.
    Proposta: non avere paura di seminare oggi per il futuro. Avere il coraggio di spendersi per le idee in cui si crede, per quanto ora possano sembrare piccoli semi. Perché domani potrebbero essere grandi alberi sotto la cui ombra riposare in pace.