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“Il balletto delle fragilità”

Ho sempre pensato che – di fronte ad una fragilità emotiva  tanto grande da risultare inequivocabile – bisognasse capire e tacere.

Molto spesso mi sono trovata a riflettere su questo: sulla scelta giusta da operare, di fronte alle varie vicissitudini della vita, ai problemi causati da condotte sbagliate altrui, all’incontro con persone che – a fronte di grandi problematiche interne, conflitti, rancori – ma anche a fronte di profonde frustrazioni interne, dolori o tristezze – si trovassero in una posizione di conflittualità con la mia persona.

Non sono una santa – sia chiaro – ma ho sempre riconosciuto il nemico valido da fronteggiare, dall’aspirante contendente (problematico) da dimenticare e su cui – seraficamente – sorvolare (lett.)

Faccio un mea culpa sulla vicenda di Pamela Prati, perché ci ho giocato pure io. 

Come diceva quel vecchio adagio: “Un bel gioco dura poco” ed io mi voglio assentare dal cazzeggio irriverente e malevolo nei suoi confronti – da ora in poi.

Inutile dire che la vicenda della soubrette del Bagaglino e delle due manager – ci ha preso un pò tutti: all’inizio come una soap nostrana fatta di una storia d’amore scintillante con un petroliere italo- americano di difficile identificazione.

Poi personalmente il mio interesse è esponenzialmente aumentato ogni qualvolta la vicenda si arricchiva di elementi nuovi: le minacce, l’attentato con l’acido, i fake  (le identità virtuali fasulle) che intervenivano puntualmente ad ogni trasmissione, le manager onnipresenti in tv, la Pamelona nazionale che ci rassicurava tutti circa la sua immensa felicità di sposa promessa e di madre amorevole dei due pargoli del Caltagirone.

Tutto succulente ed interessante da seguire; io amo le crime stories  – questa poteva concludersi come una grande e colossale truffa televisiva e non se ne sarebbe parlato più.

Invece accade che ieri sera ho ascoltato – ospite nello studio di Verissimo – la non più promessa sposa Pamela Prati, per curiosità.

Mi sarei aspettata altro e non ciò che ho visto e percepito.

Con una tristezza profonda che cresceva in proporzione della sue parole – ho visto quel tipico esempio di fragilità emotiva (di cui parlavo all’inizio) – che non può procurarti altro che un senso di profonda compassione e pena.

Una donna bellissima – ormai sessantenne – ormai ex soubrette di punta ed ex prima donna – che crede ancora alle favole.

Pamela Prati si è innamorata di un sogno tipicamente infantile, fatto di carrozze, castelli, principe azzurro e figli perfetti già cresciuti.

Mi chiedo come non possa fare tenerezza una donna adulta che s’innamora di un uomo splendido, ricchissimo, di successo, belloccio ed innamoratissimo – mai visto di persona – raramente ascoltato al telefono – e conosciuto esclusivamente via chat.

Un amore perfetto confezionato su misura e cucito addosso ai sogni infantili di una donna già adulta.

Una roba più da manuale di psicanalisi che da gossip dal parrucchiere.

Dalla Toffanin ieri sera – una donna decaduta nello spirito, vinta ed umiliata dalla stessa favola che si è raccontata per mesi; ma quante Pamela Prati – nella vita quotidiana – conosciamo?

Quante pur conoscendo e frequentando un uomo – nella vita reale – magari condividendoci pure una vita, una famiglia, non vogliono vedere la realtà che hanno di fronte?

Quante favole – spesso – le donne si raccontano per ingoiare meglio una pillola di quotidianità, fatta di veleni e di frustrazioni?

Perché penso che inventarsi un amore – quello sognato ed agognato da bambine – sia non propriamente una rarità, ma semmai una forma comune di auto-storytelling.

Una forma compensativa di amore che vada a riempire quei vuoti di insicurezza, amore mancato, bisogno di attenzioni che di certo – in donne fragili – non può che sfociare in qualcosa di patologico degno di compassione.

Tanti auguri Pamela.

Paola Orrico

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