Racconto 3 / Le paure di Rumolandia
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Il racconto (si sa) ha avuto un calo di popolarità – e non parliamo di quello musicale che praticamente è sempre stato un fanalino di coda -. La musica, i suoi strumenti, i suoi protagonisti hanno ispirato poco quanti per necessità o professione o semplicamente per passare il tempo si sono cimentati e si cimentano con le parole. Eppure i soggetti non mancano. Dal pianoforte al flauto traverso, dalle arie barocche ai tempi irregolari di una sonata del Novecento, fino ad arrivare ai giorni nostri, con l’elettronica, la computer music e la rivisitazione in chiave moderna delle antiche polifonie. Un mondo coi suoi “abitanti” col quale si possono inventare delle storie. “Fuori Tono” continua – muovendosi non solo nell’era moderna di cui per sua scelta si occupa – a proporre come ultimo aggiornamento del mese proprio un racconto musicale, accompagnato da una colonna sonora e da un video che possono ben rappresentare il soggetto. Dopo il primo, “Una Rimini da sogno” (29/03/2011) e “Uno Stabat Mater che consola” (29/04/2011) ecco il terzo della serie: “Le paure di Rumolandia”
C’è un posto sulla terra dove il nulla ha preso il sopravvento. Niente rumori, solo piacevoli fruscii, una specie di zona “sospesa” nel tempo piena di vita. Questo luogo si trova nell’antico Canada. A individuarla è stata uno studioso di Bio-planetologia post-glaciale della capitale Torimium, dell’anno 2900 il più importante osservatorio realizzato nella regione giosamente disastrata di Piemontasia. Il professore-esploratore si chiama Etemre Oiznelis, ha 63 anni, due figli e alle spalle diverse pubblicazioni, come il “Caos è bello”, “Amica radioattiva” e “Il degrado non basta mai”, quest’ultimo andato a ruba tra gli appassionati di distruzione ambientale; secondo gli ultimi dati giunto alla terza edizione. Alla prima conferenza dopo la missione, lo studioso ha parlato della scoperta e preoccupato per quel che ha visto e soprattutto (non) sentito, ha lanciato l’allarme, in agitazione per il futuro del nostro pianeta, la fastidiosa Rumolandia: “L’area che ho potuto osservare – spiega al giornale “Disumano” – è l’inizio spontaneo e molto pericoloso di un processo di guarigione della terra, una forma che secondo le osservazioni si sta sempre più allargando. Un’anomalia che nessuno aveva previsto e che con il passare del tempo potrebbe mettere in pericolo il sistema malato che ci fa vivere e prosperare”. Ma ora un po’ di storia, per capire meglio.
Da centinaia di anni la società ha scelto deliberatamente di vivere nella contaminazione globale: dai gas nell’atmosfera ai veleni nel sottosuolo e nelle acque. Tanti problemi sono stati risolti con la convienza con il degrado e il caos, da cui sono state persino estratte nuove forme di risorse. “ Proprio così – afferma l’esperto -. Grazie all’ormai storico decreto sull’accettazione dei guasti ecologici le polemiche e le sofferenze sono cessate. Filosoficamente è risultato giusto ed efficace optare per il peggio, che ormai prevale ed è per noi il meglio che può esistere. Gli avanzi? Of couse, vengono ri-distribuiti a chi li produce”. Ma ora ecco arrivare una minaccia, inaspettata, da un territorio che non era mai stato notato, per ragioni climatiche, un luogo mai sfruttato, come prassi vuole, in maniera massiccia, assoluta e brutale. Secondo un pool di ricercatori pagati dall’alleanza commerciale del profitto globale planetario che è stato sul posto, guidato dallo scienziato Oiznelis, la zona “incriminata” si presenta drammaticamente così: piante e fiori ovunque, acqua che sgorga dal sottosuolo fino a formare uno stagno talmente pulito da risultare alla vista trasparente. Profumi ovunque, una fauna di coniglietti, scimmiette, uccellini e bambi…E, cosa ancora più terribile, una pace e una tranquillità mai registrate prima nella storia moderna, dalla notte dei tempi a oggi, che è il tempo della civiltà dell’involuzione intelligente e controllata. “Quel panorama, con la sua quiete – interviene Nede Ocitsoca, 45 anni, storica di Arte remota – fa pensare a certe immagini della nostra alba, a certe leggende per fortuna sfatate per sempre, come quella terrificante dell’Eden”.
Già, stando ai miti quel luogo sarebbe privo di inquinamento acustico. Di quella forma di involuzione deleteria che, insieme ad altri processi di avvelenamento, per il nostro pianeta – Rumolandia – ormai è fondamentale. A proposito basta solo ricordare le emissioni del traffico, il fracasso dei cantieri, il frastuono di stazioni, aeroporti e spazioporti, il baccano creato dalle più diverse emissioni sonore, dalle televisioni alle radio – flussi informativi, di svago e commerciali – fino a giungere a quell’enorme massa sonora messa a disposizione dei giovani. “Sarebbero proprio loro, i ragazzi, a pagare il prezzo più alto di un eventuale sovvertimento del nostro ordine artificiale – fa sapere Otalam Ocinoirc, 55 anni, psicologo giovanile –. I modelli della loro crescita verrebbero cambiati pericolosamente: da solidi e ben controllati a casuali e non più classificabili, in qualche modo pre-anarchici”. Effetti? I giovani, ma non solo, senza l’immersione costante nella baraonda e nel condizionamento materiale inizierebbero a cambiare. Con la calma di un solo giorno nel cervello si formerebbero spontaneamente spazi per “pensare”… Morale: quel pezzo di Paradiso che si espande sempre più potrebbe essere l’inizio della fine. Domanda: dunque che cosa fare? Al congresso mondiale organizzato ad hoc per affrontare il problema, ipotesi di soluzioni sono state avanzate dalle più diverse parti: politici, militari e studiosi. Anche gli artisti, presenti con una delegazione, hanno dato un contributo di idee. La proposta dei generali è stata subito bocciata: cancellare tutto senza fare rumore con dosi di radiazioni. Ma sprecare radiazioni così…insomma, che peccato! La soluzione politica, per un attimo, è stata dibattuta. Divulgare l’esistenza di quella “oasi” come paradigma negativo di sviluppo e poi, magari, sfruttarla a livello elettorale. E ancora la soluzione delle multinazionali: “Nell’immediato trasformare quel luogo in un’enorme discoteca all’aperto bombardandola con applificatori pesanti, così da azzerare la pace. Poi la rovina; la spazzatura finirebbe il lavoro”. Interessanti infine, le idee prospettate dagli anti-ambientalisti-artisti-futuristi. Secondo loro, contro il silenzio di quella meta occorre usare la stessa arma, ovvero il silenzio stesso. Come è presto detto. Cancellare qualsiasi traccia delle carte geografiche, qualsiasi notizia su libri, studi e articoli, far calare una cortina di piombo; financo far fare il lavaggio del cervello a chiunque, anche a loro stessi, sia entrato in contatto con qualsiasi informazione circa la scoperta di quel pezzo di mondo che era rimasto inesplorato. Davanti a queste “trovate” applausi, entusiasmi, schiamazzi nell’auditorium dei lavori. Il silenzio contro il silenzio e chi ci aveva mai pensato – che idea originale!!! Sui giornali liberi i lucidi commentatori hanno gridato allo scandalo: “Come mai la censura non è scattata prima!!!”.
In allegato: rumori