Ecco cosa dirà Vegas
Più mercato e meno sanzioni. Regole più semplici, ma anche più controlli sui prodotti sofisticati. E maggiore libertà per le imprese italiane, anche di difendersi dalle scalate ostili. La prima relazione di Giuseppe Vegas, come presidente della Consob, rappresenterà una netta cesura con il passato. L’Authority dei mercati riunirà la finanza che conta a Palazzo Mezzanotte tra due giorni, e non a giugno come è avvenuto durante l’era Cardia, buona ultima tra le relazioni economiche di maggio che pesano o che mettono sonno a seconda dei gusti. E la relazione di Vegas si preannuncia interessante. Per quello che dirà, ma soprattutto per ciò che ometterà. Oltre alle date, Vegas ha introdotto qualche piccola innovazione stilistica: farà parlare il numero uno dell’Eni,invirtù del suo peso in Borsa. E una studentessa della Bocconi, in virtù della sua sapienza (per dettagli rivolgersi a Mario Monti che l’ha «personalmente» selezionata).
Nella relazione del presidente non si troverà alcun accenno alle sanzioni comminate dalla Consob durante il passato anno. Viene così a mancare la parte centrale delle relazioni dell’ex presidente. Le sanzioni della Consob hanno il senso di un avvertimento reputazionale, immagina il neopresidente, e per di più arrivano dopo molti mesi, se non anni, dopo il fatto commesso. Che senso ha celebrarle in una relazione? La Consob non deve più dare il senso di sostituirsi alla magistratura, cosa che peraltro non le compete. E deve smetterla di utilizzare una gran mole di risorse alla rincorsa di «reati bagatellari», perdendo di vista i grandi processi distorsivi che si creano nel mercato. Insomma, meno ossessione per gli errori formali e maggiori risorse per truffe alla Parmalat.
Il successo della Consob non sarà più determinato dalle multe incassate, ma dalle nuove società che si saranno quotate, dalle nuove emissioni, dalla maggiore liquidità creata sul mercato borsistico. Vegas riaprirà così un piccolo fronte dialettico con Raffaele Jerusalmi, numero uno della Borsa italiana, rivendicando il diritto che sia la Consob e non la Borsa a stabilire l’ammissione sul mercato di nuove matricole (il cosiddetto listing ).
Oggi il processo è inverso: la Borsa stabilisce e la Consob dà l’ok. Vegas, anche se in modo soft, chiederà che si ristabilisca il primato della Consob. Il tutto in un quadro (altro tema centrale del nuovo presidente Consob) di maggiore semplificazione delle procedure. Vegas ha sotto gli occhi i dati macroeconomici della piazza italiana e non lo soddisfano affatto: negli ultimi dieci anni le società quotate sono passate da 818 a 423 e la loro capitalizzazione in percentuale della ricchezza nazionale è passata dal 68 al 35 per cento. La Borsa dovrà fare uno sforzo di maggiore aderenza all’economia reale e per questo dovrà porre una grande attenzione al fiorire di prodotti eccessivamente complicati e nel contempo semplificare le procedure per i prodotti relativamente più semplici e standardizzati (si preannuncia una semplificazione per le obbligazioni bancarie). Una piccola critica sarà anche rivolta alla Consob Europea,l’Esma,il cui ruolo non è del tutto chiaro e che dovrebbe piuttosto rendere più omogenee le normative europee.
Tra i silenzi di Vegas ci sarà quello sull’ipotesi legislativa di introdurre le quote rosa nei consigli delle quotate e sull’eventualità di spostare il baricentro dell’Authority a Milano (magari nel futuro si potrebbe pensare a concorsi rivolti non solo a romani). Sulla scalata Parmalat e sul decreto antiopa nessun riferimento esplicito. Ma Vegas dirà chiaramente che auspica una maggiore libertà di reazione da parte delle società sotto scalata. Insomma, un allentamento della cosiddetta passivity rule , che impedisce alle prede di difendersi. Più che sposare una visione colbertista, l’approccio del numero uno della Consob sembra più improntato a un sano pragmatismo: si rischia di vedere una gigantesca opa cinese sui nostri gioiellini.
Ps. I consiglieri indipendenti delle Generali hanno recentemente posto un problema sui requisiti di onorabilità che avrebbero voluto applicare anche ai membri della Fondazione presieduta da Cesare Geronzi. Si sarebbe trattato di un ulteriore, capzioso, schiaffo all’ex banchiere romano. In prima fila tra coloro che si sono nettamente opposti c’è stato Diego Della Valle,l’imprenditore che ha dato il via alla querelle triestina. A Trieste hanno pensato bene di soprassedere.