Oggi sui mercati finanziari di tutto il mondo si ballerà. E non il liscio. Nel fine settimana le autorità finanziarie di tutto il mondo hanno cercato di attutire lo tsunami che ci aspetta. Alla crisi del debito europeo si è aggiunta quella americana. Che è sempre esistita, ma quando un’agenzia di rating a stelle e strisce si permette di metterla nero sui bianco sono guai: il re è nudo.
Vediamo di andare per ordine, posto che oggi ce ne sarà davvero poco.
La Banca centrale europea, secondo indiscrezioni tutte da confermare, si è detta disponibile ad acquistare titoli del debito pubblico italiano e spagnolo in dosi massicce. Snatura il suo dna, ma permette all’euro di comprare tempo. L’Italia ogni anno deve andare sul mercato e raccattare 300 miliardi di nuovi prestiti, la Spagna circa la metà. Il fatto che la Bce si sia finalmente detta disponibile a mettere i suoi (cioè i nostri) quattrini in gioco servirà a tenere sotto controllo la speculazione che in fondo fa solo il suo mestiere: vede in anticipo ciò che non vogliamo ammettere. La follia di una moneta unica, con politiche economiche divergenti.
Purtroppo la politica monetaria è come una corda: può tirare, ma è praticamente impossibile che spinga. E la prova sono gli Stati Uniti. Hanno pensato di utilizzare la loro banca centrale per uscire dalla crisi del 2008. E bene fecero. Ma non hanno agito sulla leva fiscale. Oggi Obama spende ogni mese 300 miliardi di dollari (non è un refuso) e ne incassa 180: un fallimento. La Fed ha messo in campo i suoi antibiotici, ma se il paziente ha continuato a fare follie, se l’è cercata. L’Europa non deve commettere lo stesso errore. La grazia ricevuta di un intervento massiccio della Bce non si può gettare al vento, tanto più che francesi e tedeschi vorranno farsi pagare un prezzo. I governi più in debitati (l’Italia è la regina) devono fare ciò che non hanno fatto per trent’anni.Toccare un bollo,rivede re un’accisa è roba che erano in gra do di fare anche Andreotti & C., pro prio coloro che ci hanno lasciato il conto da pagare. Si deve usare questa emergenza, per fare riforme impopolari. Forti, dure, difficili. La tentazione di affidarle a un governo di ottimi è comprensibile, ma folle. È necessario un governo politico che rischi tutte le sue carte. Ci vuole un governo che abbia il coraggio di dire agli italiani che i prossimi anni saranno duri per tutti. Non si tratta di pessimismo. Al contrario. Una buona riforma del nostro sistema di welfare è quella che non dimentichi neanche un interstizio della nostra società civile. E per coloro che dal welfare traggono poco, e dunque che verrebbero meno toccati da questa cura da cavallo, è necessaria una radicale e decisa riforma liberalizzatrice che inizi a farli trottare come si deve. Non è detto che la mossa della Bce sia sufficiente. È molto tardiva. Ma una cosa è certa. Non si può sprecare questa grande opportunità che abbiamo: ristabilire un sobrio e nuovo patto sociale con i nostri cittadini. La Bce sta comprando per noi prezioso tempo: impieghiamolo bene.

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