Con la manovra da 12 miliardi varata dal governo pagheremo più o meno imposte? Chi guadagna e chi perde? Ed è utile all’economia? Sono le tre domande chiave che ci si deve sempre porre quando un esecutivo mette mano al suo bilancio che è fatto da 800 miliardi spesi in nome nostro e 780 recuperati dalle nostre tasche.
Andiamo dunque per ordine.
1. Con la manovra varata ieri (e i cui dettagli, anche quelli fondamentali, non sono ancora pubblici) la Bestia statale fagocita più tasse di quelle (già ingenti) che recuperava dalle nostre tasche. Il conto è presto fatto. Grazie alla riduzione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche il Tesoro perderà cinque miliardi di gettito l’anno. A questo sconto fiscale si deve aggiungere il finanziamento (una tantum e per il 2013) di un fondo (che il medesimo governo aveva svuotato pochi mesi fa) per la riduzione del costo del lavoro, pari a un miliardino. Se ci fermassimo qua ci sarebbe da brindare: il Tesoro rinuncia a 6 miliardi di introiti. Ma ovviamente la storia è un’altra. Nello stesso momento in cui con una mano ci dà una carezza, con l’altra sferra un cazzotto. Monti e i suoi hanno deciso di aumentare l’Iva di un punto percentuale (si badi bene che l’operazione è dovuta a una legge ereditata dal governo Berlusconi che addirittura prevedeva un incremento dell’Iva di due punti). Il che vuol dire un’ipotesi di maggiore gettito per le casse dello Stato di circa 7 miliardi su base annua. Il saldo fa un miliardo di imposte e tasse nette in più. Ma non basta. È previsto anche (ma dal 2014) un gettito derivante dalla tassa sulle transazioni finanziarie. Una boiata pensata in Europa (e alla quale pare Monti si fosse opposto, ma con scarsi risultati) che comporterà un gettito stimato in un miliardo. Dicono che a pagarla saranno gli speculatori. Buonanotte. Come al solito le imposte vengono traslate sulla parte debole e alla fine il conto lo pagano quei capitali e risparmi che non potranno emigrare laddove il fisco sia più leggero: e dunque a pagarla saremo noi. Ma la vera botta arriva dal riordino delle detrazioni e deduzioni fiscali: in Italia ce ne sono troppe (720) e valgono più di 200 miliardi di reddito che non viene, per vari motivi, tassato. Non è ancora chiaro quanto e come verranno sforbiciate, ma si parla di un bottino di circa due miliardi. Euro più, euro meno, il saldo finale è negativo per il contribuente di 4 miliardi di tasse in più.
2. A perdere maggiormente sembra che siano i più deboli. Coloro che hanno redditi talmente bassi da essere nella cosiddetta no tax area: sono otto milioni in Italia. Non avranno i benefici della riduzione dell’Irpef, ma pagheranno gli aumenti dell’Iva, che si applica anche a beni non certo di lusso, la cui aliquota sale di un punto. Qualche beneficio (il massimo è pari a 280 euro l’anno) arriverà a coloro che sono nei due primi scaglioni dell’imposta sui redditi. Sempre che non vengano toccati dalla riduzione di detrazioni e deduzioni. Cosa che al momento non si capisce con esattezza. Per dare un termine di paragone, se l’esecutivo avesse veramente voluto agevolare la vasta platea dei contribuenti (l’80 per cento degli italiani ha una casa di proprietà) avrebbe potuto cancellare l’Imu sulla prima casa. Il gettito della patrimoniale sulla casa è di 3,3 miliardi l’anno, la manovra sull’Irpef ne vale 5.
3. Abbiamo visto analiticamente come la manovra consista in un mix di riduzioni e aumenti delle imposte, sbilanciata verso questi ultimi. Il taglietto dell’Irpef produce un effetto ricchezza? Cioè predispone i contribuenti a consumare di più? Sembrerebbe di no. Sia per la ridotta entità della riduzione delle aliquote, sia per la loro scarsa visibilità contabile (la si nota in sede di dichiarazione dei redditi una volta l’anno o in modo diluito nei cedolini delle buste paga). Al contrario l’aumento dell’Iva, è dimostrato proprio dai dati delle entrate tributarie, ha un effetto annuncio (e concreto) fortissimo. Da gennaioa ad agosto del 2012 (con la prima tranche di aumento Iva già in corso) abbiamo assistito a una riduzione del gettito per lo Stato di quasi un miliardo. Un effetto Laffer: più tasso, meno incasso. Certo influenzato anche dalla crisi economica che morde sui redditi disponibili. È difficile ritenere che una piccola riduzione Irpef (ripetiamo: benvenuta) riesca a compensare un aumento Iva, nei suoi effetti perversi sulle decisioni di acquisto e consumo degli italiani. Il rischio è che il contentino (peraltro mitigato dalla riduzione degli sconti fiscali) serva a nulla. E che la batostina fiscale sulle imposte indirette invece avviti una situazione di sfiducia e alimenti un effetto povertà dilagante tra i consumatori-contribuenti.

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