A febbraio su queste esatte colonne difendemmo Francesco Rutelli sul caso Lusi, reo confesso di essersi intascato 13 milioni della Margherita. Il giorno dopo chiamò per ringraziarci. Non c’era nulla da ringraziare. Non difendevamo Rutelli, ma un principio liberale, del tutto estraneo al politico. E cioè che sulla responsabilità oggettiva, sul «non poteva non sapere», non si costruiscono i reati. Cosa diversa è il giudizio politico che ognuno si forma liberamente. Principio che da queste parti si applica anche a Belzebù. Quando ieri ci siamo visti l’acrimonia con cui Rutelli ha trattato il caso Sallusti non ci siamo ricreduti. Le legge su cui lavora il Senato rischia di essere più liberticida di quella esistente. Ma l’ex bel ragazzo dei Parioli (chissà se ciò vale una querela) pretende pene ancora più severe. É un duro, Rutelli. Con gli altri. Il punto è che molti politici, e Rutelli per una volta ne è l’emblema, sono tanto indulgenti con se stessi, quanto severi con l’universo mondo. Rutelli non ha responsabilità oggettive se il suo tesoriere ruba decine di milioni di euro, mentre un direttore di un giornale deve essere pesantemente sanzionato per omessa vigilanza su un pezzo scritto da terzi, cioè dal proprio Lusi.
Caro Rutelli, con il suo modo di ragionare lei si dovrebbe condannare a cento di anni di galera. Stamattina non perda tempo a chiamarci. Si legga piuttosto Block e il suo «difendere l’indifendibile»; un libello che ci ha ispirato nel difenderla.

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