Sergio Marchionne ha sbagliato tutto. Ma proprio tutto. Avrebbe dovuto distillare un po’ della sana retorica dell’Avvocato. «Quando ho un problema penso sempre a cosa avrebbe fatto Cuccia», diceva Gianni Agnelli. Ecco, pensi come se la sarebbe cavata l’Avvocato e metta nel sacco tutti. Insomma avrebbe dovuto prendere per i fondelli gli italiani. Invece questo pazzo di Marchionne, si è messo a dire come stanno davvero le cose. Ha piazzato un maglioncino nero sul bell’abito del politicamente corretto italiano. Prendiamo il caso della Fiom e dei 19 operai reintegrati a Pomigliano per sentenza del giudice.
Ma caro Marchionne, è questo il modo di comportarsi? Lei dice: dentro i 19 per scelta del magistrato e dunque fuori 19 che diventano in sovrappiù. In Italia non si fa così. Prima cosa si apra un tavolo e ci si piazzi al suo centro il ministro Passera. Così gli fa fare bella figura. Tanto mica penserà che l’Avvocato abbia mai partecipato a un incontro sindacale che sia durato più di 8 minuti: ci mandi uno dei suoi. Si facciano riunioni interminabili, si mostri contrito e preoccupato e alla ricerca di una soluzione. Diavolo, conceda un’intervista a Repubblica, o faccia lo stravagante e la dia al Pubblico di Luca Telese. Inizi subito dicendo che l’Italia del bello ha perso la migliore archistar di tutti i tempi (quella che brindava a Montanelli gambizzato) e cioè la Aulenti, racconti il motivo per cui è diventato il beniamino di Obama e le ragioni della sua progressista riforma sanitaria, sostenga di aver appena finito di leggere per la terza volta «Gomorra». Si faccia vedere al teatro di Ascanio Celestini.
Marchionne si svegli. Dove pensa di essere? Almeno finga di chiedere ai suoi amici americani di intervenire per la Alcoa o il Sulcis. O perlomeno si mostri interessato alle posizioni di Gad Lerner, che l’Avvocato lo conosceva bene. Ma non ha mai letto Tom Wolfe? E dopo qualche mese molli e con beau geste si prenda i 19 della Fiom e non licenzi alcuno. Li citi uno per uno, per nome di battesimo, non in tribunale, ma in un’affollata conferenza stampa. Dica che ha fatto la cosa giusta per il Paese giusto. Quello che dovrebbe essere il suo punto di riferimento sa cosa diceva nel 1995: «Nel ’45 avevamo 65.000 dipendenti, oggi 250.000. E sono 50 anni che sento dire: “Agnelli licenzia”». Sì, certo, dopo dieci anni la società era sostanzialmente fallita e lei l’ha rimessa in piedi. Ma lasci perdere. Continui pure con quella magnifica palla che al Nostro sfuggì di bocca un quarto di secolo fa: «Noi fabbrichiamo automobili, le fabbrichiamo in Italia e rappresentiamo Torino». Nel frattempo si stavano comprando di tutto: dalle assicurazioni all’elettricità.
Suvvia, la smetta di incensare i sindacati americani e la loro Chrysler. Abbia la faccia tosta di dire che preferisce la Fiom alla Uaw e la Ritmo alla Jeep. Meglio non essere creduti ma rispettati, che dire la verità ed essere sbertucciati. Faccia fare piuttosto bella figura a Passera & Co. Guardi che è semplice. Nel giro di un paio di mesi nessuno si accorge di una nuova richiesta di cassa integrazione o peggio di mobilità. Insomma, si prenda i 19 della Fiom e ne secchi, come faceva la Fiat dei bei tempi, qualche migliaio. È tutto più pulito. Diceva l’Avvocato: «Nella vita si può scegliere di essere Tyson o Talleyrand (cit. Alebrto Orioli)». E lei che fa Tyson? In Italia non ci sono i pesi massimi, ci sono i materassi. A chi pensa di dare i cazzotti? E vogliamo parlare della Confindustria? Lei ha un solo alleato: la cricchetta degli imprenditori. Pensi che il suo vice si chiama Regina. Capisce bene di chi sono orfani. E lei che fa? Molla Viale dell’Astronomia. Con chi si è consigliato, con Antonio Martino? Ma lasci perdere. Chiude Termini Imerese semplicemente perché là una Panda le costava come una Maserati? Ma non ha mai sentito parlare di aiuti pubblici, si faccia raccontare da un suo vecchio contabile. Il profitto è un optional come il cruise control, da queste parti di serie c’è solo la massima occupazione. Non stia lì a preoccuparsi. Mica deve pagare lei: prima o poi una soluzione la si trova.
E scusi Marchionne, si è dimenticato dei suoi operai? Sono il suo migliore alleato. Non per la fabbrica. Ma per fargliela vedere blu ai politici. Pensi a una bella manifestazione a Roma, non contro di lei, contro il governo. Quello che non aiuta Termini Imerese, quello che non compra i pullman di Irisbus, quello che non le presta i miliardi come fanno i francesi, quello che non capisce il disagio sociale e bla bla bla. Marchionne, ma che ci vuole. Ma come fa a non capire che la verità è un dettaglio, ciò che conta è cosa appare.
Ueeee Marchionne, l’Avvocato diceva: «Mi piace il vento perché non si può comprare», seduto su una barca che nessuno si poteva sognare. E lei che fa? Si mette a fare il duro.
Marchionne, in Italia è meglio uscire di scena come Alvaro Vitali, che come Clint Eastwood con la sua stupida Torino. Si faccia furbo, si faccia Agnelli.

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