Il pareggio di bilancio è un falso mito. Lo si può raggiungere rincorrendo la spesa con maggiori tasse. Oppure lo si può conseguire riducendo le uscite. Nel primo caso la bestia statuale si rafforza, nel secondo tracolla. Tre quarti delle manovre del governo Monti sono fatte da maggiori e nuove imposte. Un quarto da tagli di spesa, avvenuti grazie alla riduzione dei trasferimenti a enti locali, dotati di capacità impositiva. E che dunque aumenteranno il prelievo locale. Insomma, il pareggio di bilancio che si spera di ottenere è quello della peggiore specie. È un saldo negativo per i contribuenti.
Il governo Monti ha continuato nella strada, sbagliata, tracciata nell’ultima parte del governo Berlusconi. E cioè rincorrere il galoppare della spesa pubblica, con l’aumento delle imposte. È una ricetta del tutto inutile.
Lo è per la crescita del debito pubblico. In nove mesi esso è salito di 90 miliardi. A ottobre del 2011 (fine governo Berlusconi) il fabbisogno dello Stato era di 1,9 miliardi. A ottobre di un anno dopo è stato superiore di circa sei volte.
Lo è per la crescita dell’economia. In un periodo di contrazione dell’economia, picchiare sulle tasse aumenta il disagio.
Un esempio per tutti. Solo grazie all’aumento delle accise sulla benzina il Tesoro ha incassato in questi mesi circa 3,4 miliardi di euro in più. Ma nel contempo è diminuita la domanda da parte dei consumatori: che appunto consumano di meno, ma spendono di più, per colpa delle imposte. Il saldo apparentemente positivo per il Tesoro, è decisamente negativo per l’economia grazie al fatto che i consumi (e le tasse su di essi) declinano.
È di tutta evidenza che l’esecutivo dei tecnici paghi anche per colpe non sue. E che alcune riforme, come quella delle pensioni, incideranno favorevolmente sulla spesa previdenziale dei prossimi anni. Ma resta una questione di fondo. Un paradigma che neanche i tecnici sono riusciti a capovolgere.
Il problema non sono i cittadini, i contribuenti, e financo gli evasori (che ci sono e debbono essere combattuti). Il problema è lo Stato. Un governo che voglia davvero essere rivoluzionario e adottare una politica economica degna, deve capovolgere il modo di ragionare. È pur vero che una falsità detta per molto tempo, diventa verità. Ma questo è il momento per smascherarla. Compito principale di un governo riformista e impopolare è ridurre il peso e il costo dello Stato, non trovare nuove forme per alimentarlo.
Oggi spendiamo circa 810 miliardi di euro, a cui sottrarre 85 miliardi di interessi sul debito. Con le entrate, il Tesoro incassa 780 miliardi. Ballano trenta miliardi che sono il nostro deficit (sono dati del 2012, contenuti nel Def). Ebbene, lo sforzo di un governo serio non è quello di recuperare trenta miliardi dai contribuenti, ma tagliarli dalle spese. Come? Con la stessa brutalità e leggerezza con cui si chiedono alle famiglie italiane inasprimenti fiscali. Per quale motivo gli aumenti fiscali possono essere lineari e patrimoniali e i tagli alla bestia statale debbono essere rispettosi? Che sogno un governo che abbia il coraggio di restituire un euro ai cittadini per tagliarne uno dalle sue spese.

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