Quel buco chiamato Tobin tax
Il caso della Tobin tax è un caso da manuale su come una tassa, oltre a essere inutile, sia pericolosa. Non è la prima volta che questa zuppa se ne occupa e, temiamo, non sarà l’ultima.
Il fascino della Tobin tax è tutto nella sua presunta bontà ed eticità. Anche l’inglese fa la sua parte: si dà l’idea che essa sia consolidata in tutti i Paesi avanzati, si fa leva sulla nostra presunta arretratezza nel non averla ancora adottata. Fatto sta che siamo stati i primi a imporla in Europa e, praticamente, gli unici al mondo.
Piccola digressione: la tassa sulla monnezza e sui lampioni la vogliamo chiamare Service tax, per un motivo ancora più tricky, direbbero gli anglofoni. Perché essa, alla fine, sarà un frittone misto tra tassa sui servizi, che non ci sono, e tassa sul patrimonio, che c’è.
Ma ritorniamo alla nostra Tobin tax. Essa riguarda gli scambi di Borsa, e va a colpire le compravendite di qualsiasi titolo. Abbiamo ovviamente semplificato. L’idea, presunta nobile, è di tassare così l’indegna finanza, che tanti guai avrebbe creato nel mondo. Il primo pezzo della tassa è stata imposto con decreto del governo Monti a marzo e, la seconda tranche, che colpisce anche i derivati, è stata introdotta all’inizio di questa settimana. Perfetto, siamo stati i più bravi: abbiamo realizzato la tassa sul diavolo.
Ma com’era facile immaginare, e come noi stessi abbiamo anticipato sei mesi fa, tassare i fumi dell’inferno, oltre a essere inutile, è vano. Gli scambi finanziari hanno semplicemente cambiato luogo di contrattazione: in Italia, i volumi di contrattazione su titoli sono crollati del 62 per cento. Ciò vuol dire, meno lavoro per le società finanziarie italiane (che fino a prova contraria non sono fatte da banditi, ma da giovani lavoratori) e riduzione del peso, già ridotto, della nostra piazza finanziaria a livello internazionale. Siamo sempre i primi della classe, nell’adottare tasse, norme e burocrazie inutili, ma pensate a Bruxelles. Perché è da lì che è partita l’idea di tassare le transazioni finanziarie.
Come tutte le tasse ideologiche, anche la Tobin tax, dunque fa male ben più di quanto sarebbe consentito a un’imposta-tassa e, come direbbero gli economisti, ha effetti distorsivi sul mercato molto pesanti.
Ma l’aspetto più rilevante per la nostra botteguccia parlamentare italiana è che la sciagurata introduzione di questa tassa, che come visto ha fatto scappare gli affari, creerà un buco nei nostri conti pubblici. Tra poche settimane gli intermediari finanziari dovranno versare nelle casse delle Finanze la Tobin tax accumulata fino a ora.
Le attese, nel nostro piccolo abbiamo sentito due dei primi cinque operatori, sono di un gettito, su base annua, vicino ai trecento milioni di euro. Contro un’attesa di bilancio di un miliardo. A casa nostra questo rappresenta un buco di almeno 700 milioni (per intendersi il rifinanziamento della cassa integrazione è valso 500 milioni) che dovrà essere coperto dalla prossima Legge di stabilità.
La stessa manovra che dovrà individuare le coperture per l’abolizione della seconda rata dell’Imu, dovrà dunque porsi il problema di come affrontare il buco di gettito ereditato dal governo Monti.
Ps: ieri Nouriel Roubini ha dato in escandescenza e ha mollato lo studio televisivo di Cnbc. L’economista, famoso nel prevedere le disgrazie, non ha apprezzato la domanda del giornalista riguardo una Jacuzzi abusiva installata nella sua casa di Tribeca, a New York. E da questo momento in poi ha assicurato di non rilasciare più interviste al famoso network televisivo. Che se ne farà una ragione. Quella che non ci facciamo noi (di ragione) è di come i moralisti (e Roubini ne è un campione) sappiano fare (la morale) sempre e solo agli altri. E a pensare ai prossimi umori di Roubini senza Jacuzzi, viene da preoccuparsi: se fino a ieri era cupo, da domani sarà catastrofico.