Le mancette giovanili di Letta&Co
Il 25 giugno del 2013 l’allora vicepremier Angelino Alfano bruciò tutti, come è suo sfortunato costume, dicendo: “altri due gol del governo su tasse e lavoro”. Si riferiva al decreto legge appena approvato dal governo Letta che prevedeva il rinvio dell’aumento Iva (che verrà invece realizzato dopo pochi mesi) e il bouns contributivo per le aziende che avessero assunto a tempo indeterminato gli under 29 anni. Con il senno di poi abbiamo scoperto che quel “ponte per la ripresa” come l’aveva definito l’allora ministro dell’economia Saccomanni non ci ha impedito di vedere il Pil sprofondare. E riguardo al bonus giovanile oggi abbiamo saputo che in un anno sono state fatte assunzioni per 22mila giovanotti e per una spesa masima di 160 milioni (contro gli 800 preventivati). Un flop gigantesco. Sempre in quei giorni Enrico Letta, premier visionario, ci aveva avvertito: <raggiungeremo grazie al bonus giovani 200mila nuovi assunti, con un'intensità maggiore al centro sud. Puntiamo a dare un colpo duro alla piaga della disoccupazione giovanile. Saremo un esempio per l'Europa>. Figurasi dopo un anno solo il 10 per cento di quanto atteso si è rivelato vero. Tutte palle.
Che fossimo in presenza di una manovra assurda e inutile era facile intuirlo. Una traccia ce la forniva la dichiarazione a caldo (ma meno a caldo di Alfano, si intende) del segretario della Cgil, Camusso: “é positivo che gli incentivi si rivolgano solo ad assunzioni a tempo indeterminato”.
Ecco appunto. Il bonus prevedeva che le imprese che assumessero giovani disoccupati da almeno sei mesi e senza laurea potessero avere uno sgravio contributivo della durata massima di 18 mesi per un importo massimo di 12mila euro. Inoltre l’assunzione doveva essere incrementale e non semplice sostituzione di un dipendente che usciva. Tutti ad applaudire.
Ma sono proprio queste politiche fiscali che dismostrano come i nostri politici non comprendano a pieno la realtà delle nostre imprese. Il problema non è assumere, ma fatturare. Il cuneo fiscale per carità è un macigno. Ma se il mercato non c’è, potete darmi anche cento persone gratis che non so cosa farmene. O meglio le politiche fiscali debbono essere generalizzate e non specifiche, devono essere di lungo periodo e non spot. Bene defiscalizzare, ma tutti e per sempre. Dopo 18 mesi, allo scadere del bonus contributivo, cosa faccio? Val la pena aumentare il mio organico per sempre (il famoso tempo indeterminato) sulla base di uno sconto a tempo? Quanto mi costa? E come reagisco ad un eventuale calo del mercato?
Le politiche fiscali settoriali sono affascinanti e hanno il vantaggio di individuare una categoria bene identificata di beneficiari che ci possono essere grati. ma servono a poco. . Il bonus si è così rivelato per un banale, e dal punto di vista macro inutile, regalo alle imprese sane. Che hanno assunto coloro che già prevedevano. Con uno sconto fiscale che ha fatto ovviamente comodo.
Ma un politico sa cosa vuol dire assumere a tempo indeterminiato un dipendente? O meglio sa che a pagarlo non sono i contribuenti, come nel caso dei loro assistenti, ma i margini che si conquistano sul mercato?
Il bonus fiscale per i giovani si è rivelato una bufula. Un anno fa tutti a celebrarlo.