Questa storia della multa da 9 miliardi di dollari alla prima banca francese, Bnp Paribas, ci sembra enorme. Tanto grande, quanto poco raccontata. La banca francese si è dichiarata colpevole di aver violato le leggi federali: in particolare cospirazione e falso in bilancio. Dovrà pagare la multa più alta mai comminata al mondo: nove miliardi di dollari. Che verranno incassati in parti uguali dal dipartimento della Giustizia americano e da vari uffici e procure finanziarie a stelle e strisce. Un gigantesco trasferimento di risorse che passano dagli azionisti della banca francese ai contribuenti americani.
Per intenderci, e trasferendo con l’immaginazione la vicenda a casa nostra, è come se Bnp pagasse il conto di due anni di Imu sulla prima casa. Pensate un po’ voi quanti casini politici in meno avremmo vissuto negli ultimi due anni.
Le spalle dell’istituto francese sono larghe, ma nei limiti del bancario. L’anno scorso il gruppo ha distribuito dividendi per circa 2 miliardi. Per recuperare le risorse necessarie a pagare il debito americano, ora potrebbe far dimenticare la cedola ai propri azionisti (il principale dei quali è lo Stato belga) e farsi prestare un po’ di quattrini dal mercato (anche sei i vertici della banca nelle utlime ore smentiscono questo genere di operazioni). Il presidente della Repubblica, François Hollande, durante il pranzo parigino con Barack Obama prima delle celebrazioni dello sbarco in Normandia, aveva chiesto un atteggiamento più soft nei confronti della sua protetta. Così come il governatore della Banca centrale, Christian Noyer, era volato a New York per chiedere perdono. Nulla da fare, dicono le cronache.
Ma è davvero così? Le pressioni francesi sono servite a nulla? E arriviamo così al punto: Bnp l’ha fatta grossa, secondo l’accusa. Avrebbe di fatto ripulito una trentina di miliardi di dollari (c’è chi dice molto di più) a Paesi in lista nera per Washington, come l’Iran e il Sudan. E per di più avrebbe continuato a farlo, anche a indagine in corso. Tanto che si dice che nella sede di New York della banca, stazioni da mesi un magistrato, Shirah Neyman, addetta al controllo delle operazioni finanziarie fatte dai banker di Bnp.
Nelle discussioni delle ultime ore le parti hanno trattato su tutto, ma non sui soldi. Ha cercato, invano, di far coincidere la pubblicazione dell’accordo con il 4 luglio o con il 14 luglio (date di festa, rispettivamente, negli Stati Uniti e in Francia) per evitare ulteriori effetti reputazionali e mediatici sulla banca e, soprattutto, gli avvocati hanno trattato sulle dichiarazioni di colpa di Bnp: si vorrebbe, in pratica, escludere il riferimento alla parola genocidio in relazione al Sudan. Tutta roba da avvocati e forse da pettegolezzo.
Sintetizziamo lo stato dell’arte e noteremo che manca un dettaglio non insignificante. Una banca francese viola le leggi americane. Su una materia delicata come quella dei rapporti con gli Stati canaglia. Lo fa, come si direbbe in un tribunale italiano, con una certa continuità. Spiazza tutti i concorrenti bancari, che con quei clienti (ricchi grazie al petrolio) non hanno potuto fare affari per anni. Una volta pizzicata, si dichiara colpevole. Accetta di pagare 9 miliardi di sanzione (quattro anni di dividendi). Licenzia una dozzina di funzionari ad nutum. Ma in galera non finisce nessuno. Questo è il punto. La finanza americana sembra essere passata dal too big to fail (troppo grande per fallire) della crisi finanziaria del 2008, al too big to jail, e cioè troppo grande per andare in galera. Non auguriamo la gattabuia neanche al nostro peggior nemico (a qualche moralista, però, sì), ma la megamulta di Bnp ci deve almeno far riflettere.
Gli Stati Uniti hanno deciso di combattere le frodi finanziarie, il falso in bilancio, il riciclaggio, e una dozzina di altri reati finanziari da colletti bianchi, mantenendo i colletti lindi e i portafogli vuoti. È peggio sequestrare senza pietà 9 miliardi di dollari ai francesi che mettere nella stessa cella di Bernie Madoff qualche dirigente anglo-francese colpevole di avere fatto affari con il Sudan. Su un piano formale di giustizia, alla cultura latina questo comportamento può apparire una bestemmia, ma dal punto di vista della sua efficacia hanno ragione da vendere i pragmatici anglosassoni.
Qualche arresto eccellente le Autorità americane lo hanno pur fatto, nel passato. Ma la teoria di multe e sanzioni (ultima quella di Bnp) portata in cassa dalle Agenzie statunitensi è ben maggiore. La finanza, sembra essere il ragionamento, si combatte nel suo campo e con le sue armi. E cioè i quattrini. Un sapore che ai nostri manettari deve piacere poco. E per questo tendono a non parlarne.

ULTIME SANZIONI USA
BNP 8.9 MILIARDI 2014
HSBC 1.9 MILIARDI 2014 (beccata a riciclare narcodollari)
STANCHART 667 MILIONI 2012
ING 619 MILIONI 2012
CREDIT SUISSE 536 MILIONI 2009 (aiutava ad evadere il fisco Usa)

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