Un buono spunto per smetterla contro i pregiudizi anticapitalistici, così diffusi anche all’interno della Chiesa.

In questi ultimi due giorni di campagna elettorale sul referendum trivellesco, i sacerdoti hanno voluto dire la loro.
I quotidiani laici e borghesi, quelli sempre in prima fila contro le supposte ingerenze del Vaticano, questa volta hanno sentito il bisogno di intervistare preti di gran rilievo come testimonial del «Sì» al referendum, il che vuol dire «No» alle trivelle. In questa rubrica, come sapete, ci occupiamo di libri. E più volte nel passato abbiamo recensito pubblicazioni liberali (penso a L’ecologia di mercato) che sbertucciano la religione ambientalista. Con il nostro quotidiano è in vendita uno stupendo compendio delle stupidaggini verdi, firmato dal mitico Franco Battaglia.
Ma ritorniamo ai sacerdoti. Uno di loro, in un’intervista al Corriere della Sera di ieri, e rifacendosi alle parole di Papa Francesco ha consigliato agli italiani di andare a votare contro le trivelle, per non rendere l’Adriatico come il Golfo del Messico. Bisognerebbe ricordare a monsignor Bruno Forte che dire le bugie è peccato. Quando cita il Golfo del Messico e il disastro della British Petroleum, dimentica di dire che per il 95 per cento le nostre trivelle estraggono gas. Quando dice che gli attuali impianti impiegano poche persone, ma che il rischio di un incidente come quello del Golfo del Messico (aridaje) sarebbe un disastro, dimentica la solita storia del gas, il fatto che qualche migliaio di persone senza lavoro non sono poi così poche, ma soprattutto ha intenti iettatori. Quando il medesimo teologo ricorda l’ipocrisia del non andare a votare, dimentica che il suo passato capo, il cardinal Ruini, sugli ultimi referendum etici invitò i fedeli a non votare. Sono tutti affari del suo confessore.
Ma il passaggio più interessante è quando il nostro battagliero arcivescovo parla dell’enciclica Laudato si’, sulla cura della casa comune, di cui pure ci sarebbe molto da dire. Non siamo grandi fan della deriva ambientalista della Chiesa, anche se capiamo bene che tra religioni ci si intende, ma segnaliamo solo il paragrafo 129: «L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune». Come tutti i passaggi delle encicliche, è tutto molto interpretabile. E il contesto di questa recente lettera pastorale fa bene intendere una certa propensione verde del Santo Padre, ma questo passaggio è molto chiaro: l’attività imprenditoriale è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza. Un buono spunto per smetterla contro i pregiudizi anticapitalistici, così diffusi anche all’interno della Chiesa.

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