I big del sistema si erano impegnati a garantire gli aumenti di capitale. Ma poi hanno capito che era troppo rischioso.

Cerchiamo di spiegare a beneficio di un bambino che cosa è questo famoso fondo Atlante che dovrà salvare il sistema bancario italiano.
Chi vince e chi perde. È difficile, in questa storia, stare da una parte sola. Mettete in soffitta i vostri pregiudizi e provate a cucinare con noi questa zuppa.

Atlante è un fondo che sarà fatto con i soldi di banche (Unicredit, Intesa, le più importanti), Fondazioni bancarie (quella di Guzzetti, la Cariplo, è stata il deus ex machina dell’operazione), assicurazioni e Cassa depositi e prestiti (la lunga mano del governo nella finanza). Ha due compiti. Il primo è comprare dalle banche i loro cediti deteriorati (in gergo si chiamano Npl): il sistema ha una fifa blu. Teme che questa cartaccia valga meno di 20 euro ogni 100 nominali. Così è stato per i crediti che hanno ceduto le quattro banche (Etruria&Co) appena fallite. Meno valgono questi crediti e più le banche si devono portare delle perdite in casa. Il principio è semplice. Se solo gli istituti avessero un po’ più di tempo per disfarsene, i prezzi di questa merce potrebbero essere meno compressi. Ecco perché Atlante può essere un buon cuscinetto: si compra a prezzi buoni gli Npl e per questa via allegerisce i bilanci delle banche che possono riprendere a prestare quattrini all’economia reale. In questo caso spostare un peso da una tasca (quelle delle banche) all’altra (quella di Atlante) può non essere indifferente e potrebbe servire a rendere meno sciatti i calzoni. Non si capisce bene per quale motivo, qualche operatore privato, magari internazionale, non possa fare altrettanto. Qualcuno ce lo spieghi in modo elementare e noi saremmo pronti ad inchinarci. È comunque evidente che l’operazione è utile alle banche italiane: il prezzo da pagare è però quello di spostare il rischio in un cantuccio, sperando che non si realizzi mai. In bocca al lupo.

Il secondo compito di Atlante è quello di partecipare agli aumenti di capitale di banche decotte. Ce ne sono due in corsa: quello della Popolare di Vicenza e quello di Veneto Banca. L’idea di fondo, anche in questo caso, è che ci troviamo in un periodo in cui il mercato non è in grado di capire (prezzare) correttamente la realtà e che Atlante possa essere un buon cuscinetto per non far rovinare il mondo a terra. Qui le incongruenze sono più evidenti. Prendiamo il caso di Pop Vicenza e Unicredit (ma discorso simile vale per Veneto Banca e Intesa). La Popolare di Vicenza spinta dai regolatori deve chiedere al mercato 1,75 miliardi per rafforzarsi, in realtà per sopravvivere. Oggi nessuno vuole compare questa carta, poiché ormai neanche Cappuccetto rosso si fida di una banca passata da più di 60 euro ad azione ad un centesimo. D’altronde gli aumenti di capitale si fanno sempre con una banca sponsor e garante dell’aumento stesso. In questo caso Unicredit si era impegnata a garantire fino ad un miliardo e mezzo (stessa storia per Intesa su Veneto Banca) di titoli non comprati (sottoscritti) sul mercato. E a ciò si aggiunga che non ha voluto sindacare questa garanzia (e le relative commissioni) con nessun’altro.

Per farla breve non capiamo che senso abbia (o meglio lo capiamo benissimo) che Unicredit finanzi per un miliardo Atlante che alla fine sottoscriverà l’aumento di capitale di Pop Vicenza, per cui la stessa Unicredit si era pochi mesi fa impegnata a garantirne il buon fine. Eddai ragazzi almeno non prendeteci per i fondelli. Va bene il sistema. Va bene tenere tutto insieme perché se no saltano tutti. Va bene dire che il Movimento 5 stelle è fatto da pasdaran. Va bene dire che le banche sono la linfa per una possibile futura ripresa e che le sofferenze sono tutta colpa della più grave crisi economica del secolo. Va bene prendersela con le norme patrimoniali assurde imposte dall’Europa. Va bene tutto: noi siamo con Voi. Ma solo a patto che qualcuno ci dica chi all’interno delle vostre banche ha deciso di garantire questi aumenti di capitale monstre nei mesi scorsi.

Perché, cari banchieri, questa situazione, come dicono gli economisti, è pieno moral hazard. Se un artigiano o un commerciante vende la sua merce ad un truffatore, o si trova con un bilancio che gli permette di assorbire la botta, o porta i libri in tribunale. E voi a quel poveraccio, come da contratto, gli togliete anche la casa.

Non si tratta di populismo, si tratta di meritocrazia. Qualcuno si è forse chiesto cosa hanno fatto quelli di Mediobanca in questi ultimi mesi, che pure di queste operazioni ne fanno a bizzeffe. Ve lo diciamo noi: sono scappati da Vicenza (anche perché in conflitto di interessi). Furbi? No, si sono fatti quattro conti in tasca. Il rischio è che Atlante diventi un escamotage per passà la nuttata.

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