Che cosa si sono detti Barack Obama e Xi Jinping durante i due giorni di incontri bilaterali in California nella settimana passata?

Nei 200 acri di terreno del ranch californiano che ha ospitato il summit, Obama e Xi hanno partecipato all’incontro più lungo e informale tra i leader dei due paesi, prova dell’assoluta necessità di dialogo esteso e franco.

La possibilità per i due capi di stato di conoscersi personalmente e di confrontarsi in maniera diretta era la condizione ideale e allo stesso tempo necessaria per un rapporto di maggior fiducia, finalizzato al superamento dei reciproci sospetti esistenti. Come ho sottolineato in un mio post precedente, questi sospetti non sono nuovi ma sono stati alimentati negli ultimi mesi dal comportamento assertivo di Pechino, in particolare nei riguardi dei vicini- primi tra tutti Giappone (vedi il post del 17 gennaio) e Corea-, e della sempre più consistente strategia americana di presenza nella regione- Pivot to Asia, di cui ho parlato qualche settimana fa.

Tuttavia, mentre numerose pagine di giornale sono state scritte in preparazione all’evento, ben poco è trapelato a conclusione degli incontri. Oltre ai rituali convenevoli sull’intenzione di collaborare e di trovare soluzioni condivise alle divergenze esistenti, poco si sa sui contenuti specifici affrontati. Perché?

La risposta sta nell’intento primario del summit stesso. L’obiettivo era di conoscersi, di prendersi le misure a vicenda e ritagliarsi uno spazio adeguato per discutere di tutte le questioni preponderanti sul piano internazionale e bilaterale. In altre parole, nessuna questione doveva avere la proprietà sulle altre, ma era necessario creare le condizioni favorevoli per le discussioni future. L’eccezionalità del meeting deriva dallo sforzo di entrambe le parti a sedersi al tavolo del confronto e trovare punti di incontro oggi nella speranza di scongiurare scontri futuri.

Xi è arrivato al meeting conscio della sua posizione di forza dovuta al consolidamento del potere all’interno del paese e determinato a far capire ad Obama che, se da un lato non crede nella necessaria rivalità tra le due potenze, dall’altro la Cina non è disposta a rinunciare ai suoi interessi strategici in Asia e nel resto del mondo (vi ricordate la teoria del soft power cinese?).

L’intento del presidente cinese era di ottenere dal collega americano l’impegno a non indirizzare la sua strategia in Asia contro la Cina e i suoi interessi. Obama, da parte sua, era alla ricerca di rassicurazioni sulle intenzioni e sui comportamenti di Pechino sul piano internazionale e bilaterale.

Di cosa avranno dunque discusso?

Pochi dubbi sul fatto che le dinamiche regionali asiatiche abbiano tenuto banco. Il comportamento assertivo tenuto da Pechino nel Mar Cinese Orientale e Meridionale ha innervosito molti degli alleati strategici di Washington- primi fra tutti Giappone, Filippine e Sud Corea. Obama avrà cercato rassicurazioni, ben conscio della necessità della Cina di difendere i propri interessi economici e strategici nella zona. Xi avrà al contempo aperto alla possibilità di un ruolo più diretto e deciso di Pechino nell’affrontare lo storico alleato nordcoreano, per porre fine alla proliferazione nucleare, sapendo che lo scenario di conflitto sarebbe dannoso anche per il proprio paese.

Si saranno inoltre affrontate le spinose questioni che rischiano di incrinare l’equilibrio dei rapporti bilaterali, prima fra tutte il caso dello spionaggio cibernetico ai danni degli americani perpetuato da attori cinesi con la connivenza e la partecipazione del governo di Pechino- questione particolarmente delicata in questi giorni di difficoltà dell’amministrazione americana a causa della bufera del “datagate”. Ma l’elenco è ben più lungo.

Per sapere se Obama e Xi si siano trovati d’accordo e per conoscere l’esito del loro incontro bisognerà attendere. Solo i prossimi mesi ci indicheranno se i due leader condividano visioni e intenzioni o se il rapporto sarà destinato a incrinarsi.

Nell’attesa, è interessante notare come, a una settimana dal summit in California, Obama abbia rotto gli indugi e dopo due anni abbia autorizzato il rifornimento di armamenti ai ribelli siriani anti Assad- a lungo sostenuto da Pechino. Sarà solo un caso?