Martedì 31 marzo 2015 – San Beniamino m. – Redazione SUD, canale 656 dt – Area industriale Porto Gioia Tauro 

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Grazie a D*o, sono nato. Ed è già un regalo. Grazie a D*o, ho due genitori magnifici. Ed è il secondo regalo. Una Famiglia invidiabile. Ancora un dono. E potrei essere soddisfatto così. Ma ho il privilegio di avere gli amati Amici. Umani e non. E, soprattutto la Fede in D*o. Quel meraviglioso filo d’oro trasparente che mi lega al resto del Creato e mi fa sentire costantemente in compagnia.

Detto questo, come ogni umano ho le mie simpatie, le antipatie (che cerco di mitigare con la vicinanza alla fede), qualche virtù, più di una sregolatezza. Ho un carattere duttile con la povera gente e con gli umili, ma d’acciaio con gli arroganti e i prepotenti. Mi reputo coraggioso, ma sono pronto a gettare le armi se serve a salvare un’anima.

Non amo le regole imposte, né le categorizzazioni. Mi definisco libero, sperando di esserlo o di poterlo diventare. Vivo la vita e non temo la morte. Arriva per tutti, prima o poi. Non mi fa paura neanche la sofferenza: l’ho imparato da mio Padre, che se n’è andato patendo. Con dignità. Per me, Lui è stato il mio personale Gesù Cristo.

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Mi sono sentito omosessuale, per la prima volta, dopo i vent’anni. Onestamente, mi sono turbato, poi ne ho parlato proprio con mio Padre. Mi chiese “Sei felice? Se lo sei, noi siamo felici per te!” Non si pose il problema: mi amava troppo. Continuò a spedirmi i pacchi pieni di leccornie calabresi con i pullman di linea. Roma profumava di pomodori secchi e pane cotto a legna. Ha accolto i miei compagni con lo stesso amore e rispetto che riservava a noi figli.

Alla Sua morte, mi sentii solo. Ma si fece subito sentire, per tranquillizzarmi. E mi sta ancora a fianco, Lui, Padre eterosessuale, a me, figlio omosessuale.

Lo stesso fa mia Madre, Mamma eterosessuale, con me, figlio omosessuale. Mi chiamo Nino, con la O finale e non faccio caso, vestendomi, se indosso una sciallessa o un giubbotto. Uso, alternando, profumi da donna o da uomo. Amo gli anelli. Tanti. Ma non consento a nessuno di sindacalizzarmi (*significato Treccani), né di catalogarmi. Mi chiamo Nino con la O finale e non sculetto (almeno non volutamente), non cinguetto quando parlo e non ho la Esse sibilante tipica della “categoria”.

Mi sono un po’ rotto, quello sì, di tutto questo parlare dei e sui gay. Mi sono scocciato di queste pretese INNATURALI di forzare la famiglia verso canoni che non le appartengono. Ho i maroni pieni di tutta questa campagna violenta e volgare contro chi non si piega alle nuove teorie (che tali restano) sui nuovi generi.

Ancora una volta, l’uomo si sta facendo infinocchiare da un qualche misterioso presunto profeta che, oggi e non ieri, predica l’appiattimento della magnificenza del Creato, la desertificazione dei sentimenti, la solitudine dell’anima e dei corpi. Mai la Libertà, e la coscienza di essa, arrivò a tale abominio. 

Nino by Antonuccio

Io resto come sono, semplice come un fiore di campo, complesso come il mistero della nascita, devoto come un bambino alla Fonte. Non mi chiedo perché: la risposta la so. Sono come servo. Alla Natura, all’equilibrio delle cose, a me e agli altri.  E mi auguro sia così per tutti. Forse, così potrebbero finire le guerre. Io parto da me.

Considerazione intima di un signore di 53 anni, casualmente anche omosessuale. Ma non solamente tale.

 

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