Sporche e malate. Le buttane del porto di Gioia Tauro
Sabato 31 ottobre 2015 – Santa Lucilla – Redazione SUD, Area Industriale porto di Gioia Tauro
L’età? E vagliela pure a chiedere… Mica te la dicono. Non quella vera. E non certo per civetteria. Mica se li levano, gli anni: se li aggiungono. Per parare il culo ai papponi, a quella maîtresse sporca e cattiva che non si allontana più di venti metri da loro, a se stesse, che dovrebbero tornare a casa o finire di battere. Perché molte, fra loro, quelle diciotto candeline sulla torta non le hanno mica spente… Forse non sanno neanche cosa sia una torta con le candeline…
Sono le bbuttane della Piana di Gioia Tauro. Le “zoccole del porto”, come le chiama qualcuno. Le “cose lorde”, come me le ha definite la mia amica che percorre tutti i giorni la strada sulla quale si prostituiscono e che rischia di investirle a ogni passaggio, per quella loro sfrontatezza di mestiere che le spinge quasi a fermare le macchine per accaparrarsi un cliente da dieci – venti euro.
Già! Prezzi stracciatissimi, per le femmine di strada della ZES; tariffe popolari che si possono permettere, oltre ai maiali autoctoni, anche i poveri clandestini che vivono nelle tendopoli di San Ferdinando e Rosarno. Ragazzetti e giovanottoni africani pronti a tutto pur di scopare, e con pochi centesimi in tasca.
Molte buttane vengono dai Paesi dell’Est, comunitario e non, e si vendono per mantenere intere famiglie che forse non sanno o, magari, fanno finta di non sapere. Comodo, del resto, in quelle tundre ghiacciate, ricevere settimanalmente un gruzzoletto “caldo” e vivificante.
Ma non sono solo le bionde e bianche di pelle a prostituirsi: ci sono anche, e soprattutto, “le negre”. Le più ricercate, direi, nonostante lo strisciante razzismo dei luoghi, che, poi, a dirla tutta, tanto razzisti non sono. Le africane sono le più sfacciate: si buttano letteralmente sotto le macchine, i furgoni, i camion, pur di costringerti a fermarti. Non hanno un filo di mutanda manco a pagarglielo (!?). Ti mostrano dall’inguine alle tonsille, se concedi loro anche un solo secondo di attenzione. Ti fanno proposte che ti farebbero vergognare anche se fossi Rocco Siffredi. O Nino Spirlì.
Fortunatamente, sono omosessuale e non ci casco. E salvo l’anima e la salute.
Eh, sì! Proprio quella: la salute, già abbondantemente minata in questa terra di veleni, senza ospedali decenti, con pochi medici affidabili.
Le buttane della ZES (Zona Economica Speciale) sono un’enciclopedia di mali venerei. Dallo scolo (blenorragia) alle creste di gallo (condilomi), dalla sifilide (lue) all’Aids, passando per epatiti, candide e diosolosacosa…
Tu le sfiori e ti illumini di immenso.
Eppure, stanno lì. Nel silenzio delle istituzioni. Nessuno che vada a caricarle e a sbatterle sul primo aereo diretto a casa loro. Nessuno che tuteli la salute di mogli e figli e familiari vari di stupidi porcelloni senza cervello.
Fossi io… Ma, se lo dico, mi coprite di insulti…
Fra me e me. Meglio “soli” che malaccompagnati…