Sabato 12 marzo 2016 – San Massimiliano – a casa, a Taurianova

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E blablablà e blablablablà, bla e riblablablablà. Blablà Salernoreggiocalabria blablablà. Rinascita blablà dell’Acalabria blablà, il Sud primo pensiero bla bla e blablablablà. 22 dicembre blablablà e blablà inauguriamo bla. Firmato Matteo Renzi.

Poi, scorta, riscorta, cordone di sicurezza, tramezzini, cincin, galleria tappezzata e imputtanata di tappetoni rossi e poltroncine, auto blindata, ririscorta armata, aereo e salutamassoreta.

Cronaca di un blablà del solito stornellatore fiorentino globe-trotter. Stavolta, “sceso in magnamagnagrecia” a riprendere per i fondelli i calabri appecorati allo sceicco rosso dal cranio implume, che, di rosso, ormai, ha giusto la parte più centrale delle terga. La sua presunta amminestrazione, ormai abbondantemente scolorita dopo le forzate dimissioni degli eletti e la loro sostituzione coi “professori” esterni, somiglia, infatti, più al grande immoto silenzio notturno dei freddi conventi medievali che a ciò di cui questa “estrema regione meridionale” avrebbe avuto bisogno: un governo snello, agile, propositivo, risolutivo. Cazzuto, insomma. Alla Salvini, per intenderci. Con una buona dose di sangue nuovo. Leghista, magari; ché quelli, di cui tanto parliamo male, le aziende, in tempo di crisi, se le sono sapute difendere, eccome. E anche l’economia locale.

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Il pinocchietto filocinopratese, invece, è calato morbido fino a Mormanno, ha rotto l’imene all’ultima galleria della già obsoleta Salerno-Reggio Calabria e s’è dato, senza voler incontrare i lavoratori di Vibo Valentia che non portano pane a casa da mesi. Tanto, volendo, al bar dell’autogrill di Tarsia, dove sono stati bloccati dalle forze dell’ordine, “potrebbero sempre trovare delle brioches!”

Del resto – avrà pensato – quanto rompono i coglioni questi italiani senza salario e senza pensione! Invece di lamentarsi e manifestare disturbando i fotografi e i cinereporter di regime, potrebbero andare ad occupare i territori lasciati liberi in Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Congo, Siria, Burkina Faso, Tunisia, Marocco, Libia, Curdistan, Somalia dai nostri fratelli immigrati al sicuro dei nostri alberghi a 4 stelle… Eh, no! Lì non ci vogliono andare, ‘sti choosys! Abituati troppo bene dai governi di Destra, che hanno garantito loro perfino lo stipendio a fine mese e anche, udite udite, l’acquisto della casa! Meno male che Napolitano e soci ci hanno pensato in tempo,  a comprare virtuali cucchiarelle di legno e a dar loro una bella lezione. Monti, Letta e Renzi!  E a letto senza casa!

Mentre il ciarlone postdantesco volava via dalla Calabria, come una cicogna appena alleggerita dell’infante consegnato a destinazione, l’altro Matteo, il temerario Salvini, sbarcava in Trinacria. Due o tre fischi – forse di treno di passaggio o di vigile urbano al crocevia – per un’accoglienza fraterna. “Te l’aspettavi, Matteo, una Sicilia sorella?” sembravano dirgli gli occhi speranzosi dei coltivatori diretti etnei.

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Forse la sperava, il furbacchione, ma non proprio così calorosa.

C’ero anche io, a Grammichele. Ho visto, sentito, registrato e fotografato. E c’erano i miei a Vittoria. Matteo Salvini, l’impossibile per il Sud, del Sud è diventato bandiera e paladino. Che piaccia o no. Concreto, come la terra e la fatica dell’uomo. E presente, come il cielo e il mare. Non promette, ma sprona a fare. Non dispensa chimere. “Aprite gli occhi e le orecchie. Non vi fate prendere in giro… Se non mollate, non mollo. Se vi piaccio, ci sono. Altrimenti, scegliete chi vi aggrada. Ma non lamentatevi, poi…”

Altri due fischi e un “bufone”: il tizio, però, non era di Grammichele. Importiamo contestatori dall’accento esotico. Forse, non gli erano piaciuti i rigatoni al sugo o la cotoletta impanata: dovremmo migliorare, probabilmente, gli aiuti umanitari dei centri d’accoglienza, per non deluderli all’arrivo. Un po’ come stiamo facendo con le mense scolastiche, nelle quali, per far sentire a casa i mocciosetti venuti da fuori, facciamo sentire in perenne viaggio all’estero i nostri bambini. Couscous a fottere e non un chicco di pastina al formaggino, manco per sbaglio! Vergogna italica. Mentre i nostri muoiono di fame e dormono sotto i cartoni, derisi dagli stranieri che gli pisciano addosso.

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I rossi le chiamano vittorie democratiche. Qualcuno si adegua. Abbassa la testa e magna “er pappone”. Noi, no! Salvini, no! Lui non ci sta a trasformare l’Italia in Italistan. Anzi! E, per questo, conquista territorio. E popolo. Perché gli Italiani veri, quelli che al proprio Paese, alle proprie radici, tradizioni ci tengono, lo scelgono. E lo accolgono come fratello.

Finiti i tempi dell’Onorevole a cui mostrare le stesse vacche, trasportate a razzo da un pascolo all’altro. Oggi, l’Italia vera, quella che si fa il mazzo, cerca risposte, non raccomandazioni. E pretende Leggi. Dure, magari. E fatte cum grano salis. Niente figli del tubo di vetro, né matrimoni alla cicoria, per promessi sposi arcobaleno, ma riconoscimento dei diritti civili per tutti. Uomini e donne. Non importa con chi abitino, chi accarezzino, chi amino. E leggi per la tutela del lavoratore. Per ridare dignità alle vittime della ministra ipocritamente piagnona. Leggi per difendere i confini nazionali. La sicurezza domestica. Il prodotto italiano. L’arte e la cultura… La storia e il futuro sereno del Paese più “in gamba” del mondo, che quattro sciacquatrippe stanno svendendo alla peggiore massoneria e mafia mai censite sulla faccia della Terra.

Di questo, noi del SUD, parliamo con Matteo. Quello giusto.

Sì, Uno a zero. Fra me e me.

 

 

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