Lunedì 6 novembre 2017, Beati 498 Martiri Spagnoli – a Casa Spirlì, Taurianova

2017-11-05-PHOTO-00000004(L’Arciprete Don Alfonso FrancoPhoto Teo Panza)

Avevo quattro o cinque anni e nelle orecchie flautava la voce dell’Economo Don Fazzalari, il quale celebrava, di spalle, la messa in una strana lingua che non capivo, ma che mia Madre e mio Padre, per me bambino, conoscevano tanto bene da “parlarla”, dritti in piedi, mentre il prete, coperto da ornamenti ricchissimi, sembrava si rivolgesse direttamente a Qualcuno di invisibile, fra i fumi profumati dell’incenso di Gerusalemme.

Doveva essere molto importante, quel Qualcuno. Perché, ogni volta che il celebrante Gli si rivolgeva, o si inginocchiava lui, o ci dovevamo inginocchiare tutti noi. Non capivo, ma eseguivo. Mia Madre e mio Padre, poi, volgevano occhi e capo a terra. Con una devozione e una “riverenza” che non mi aspettavo; e mi lasciavano di stucco. Quando chiedevo il perché di tanto abbandono, Papà mi rispondeva sorridendo sereno “Mysterium Fidei. Un giorno, capirai!”

Ai miei sei/sette anni, l’atmosfera in quella chiesa cambiò. Pur rigorosa e profonda, la Fede dell’intera comunità parrocchiale ricevette una sorta di sberla che la svegliò dal sonno comodo  dell’abitudine. Per la prima volta, oltre all’organo (suonato da Peppino Alessi, il “maestro dei presepi” e dei “sepolcri”), ad accompagnare canti e preghiere durante alcune celebrazioni della messa arrivarono, grazie a Don Alfonso, le chitarre e la batteria… Cambiò la lingua. Le canzoni cambiarono. E anche il modo di fare del coro. Da rigido e composto,  passò ad un approccio più rock e disinvolto. Sulle note di “Si combatte a Gerico…” erano in pochi a non seguire il ritmo col passettino o qualche svirgolamento delle braccia.

Sull’altare, rassicurante e impeccabile, lui, Don Alfonso Franco. L’Arciprete. Il prete giovanotto.

“Quel prete” che, tanti anni dopo, ha trovato le più belle e giuste parole per farmi “digerire” e comprendere la morte di mio Padre. Il sacerdote che “ha sposato” le mie sorelle; ha celebrato i funerali dei miei familiari; ha battezzato i miei nipoti. L’Amico di mio Padre, col quale ha condiviso mille progetti. Dalla fondazione della rivista “Comunità” a mille altre attività sociali, culturali, umanitarie.

Gli devo molto, per questi cinquant’anni di rispettosa compagnia sul sentiero della Fede. Anche se lui non sempre lo ha saputo. Le sue omelie, tanto per dirne una, mi hanno spiegato i Sacri Testi più di cento corsi di teologia. Come Lui, Carlo Carretto, meravigliosa guida spirituale; Don Giovanni D’Ercole, un faro nella tempesta del mio dubbio; Franck Stuart, maestro di teosofia e vecchio colonnello dell’esercito inglese in India; Lama Norbu, il mio “viaggio in Tibet”.

Ma Don Alfonso, pur viaggiando, ha deciso di non partire mai. Ha messo radici nel nostro paese natio, Taurianova, e non l’ha mai voluto lasciare. Anzi, gli ha dedicato la propria intera esistenza. Probabilmente, un omaggio alla sua Mamma. Al ricordo di un Papà perso troppo presto. Al dolore per la morte di Don Pietro, fratello e confratello, morto giovane durante la celebrazione di una Messa.

Ha incoraggiato amori, l’Arciprete, allevato vocazioni, regalato amicizie. Ha formato famiglie. Educato credenti, rendendoli fedeli. Ha aiutato migliaia di bisognosi. Nel nascondimento. Restando “periferico”.

Lo guardavo, l’altra sera, durante la celebrazione della Messa per festeggiare il cinquantesimo anno di servizio pastorale nella nostra parrocchia: umile e fedele alla chiamata. Come quell’antico giorno di cinquant’anni fa. Non un cenno di autoreferenzialità, autocelebrazione. Anzi, nel pieno rispetto dell’Insegnamento, è rimasto consegnato a Dio per tutta la sera. Schivo e timido.

È questo il sacerdote che cercavo, avvicinandomi al portone della chiesa, cinquant’anni fa. È Lui che ho ritrovato, quando, per godermi la bellezza dei capelli argento di mia Madre, ho lasciato la grande città per tornare nella casa dove sono nato e nella quale vorrei finire.

Paradossalmente, mi fido così tanto, di questo Prete eccezionale, che vorrei fosse proprio lui a benedire i miei ultimi passi.

Io l’ho imparato da lui, che lo spiega a tutti con parole semplici, quel Mysterium Fidei che mio Padre, un giorno di tanti anni fa, mi augurò di riuscire a capire almeno un po’…

Quel Mistero è la strada breve. La semplicità della Parola. La naturalezza.

Questa è la nostra Fede: una sorta di festa di famiglia, senza tanti doveri, se non quello, Unico, “consigliatoci” dal nostro Signore. Amare.

Buon anniversario, Arciprete! E grazie per questi cinquant’anni di vero amore paterno.

#Frameeme

 

 

 

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