Una chiesa brutta come una bestemmia
Venerdì, 8 dicembre 2017, Immacolata Concezione della Vergine Maria – Onomastico di Mamma – a Casa Spirlì, in Calabria
(lavori in corso, edificio adibito a chiesa a Gioia Tauro)
Torno a Roma da visitatore, dopo un trentennio di residenza effettiva, e mi imbatto in quello scempio che da “romano” non avevo mai notato. Pur non appartenendo a quel trenta percento di romani che non mai visitato il Colosseo, la Galleria Borghese, i Musei Capitolini, la Cappella Sistina, la Chiesa di San Clemente, i Santi Quattro Coronati, il Museo di Valle Giulia, quella bruttura che mi ritrovo davanti, una sorta di attentato alla Fede, mi era proprio sfuggita. Fortunatamente.
Parlo della cabina doccia in bronzo, sormontata dalla capoccia misto Duce/Wojtyla, che si trova difronte alla Stazione Termini. Una delle statue più brutte fra quelle fuse dall’età del bronzo in poi. Una sorta di colata scolorita che avrebbe dovuto simboleggiare, forse, la grandezza e la capacità di “accoglienza” del papa polacco. In realtà, sembra un vespasiano e, forse, lo è anche diventato, vista la pessima frequentazione di clandestini che bivaccano in zona. L’ispirazione al povero Mario Tomaski dovrebbe essere arrivata da quel gesto memorabile compiuto da Papa Woytjla nell’accogliere e giocare con un bambinetto sul sagrato di San Pietro. Una sorta di simbolo della Fede genuina dei poveri di spirito. Nella rappresentazione plastica, il tutto è diventato una sorta di garitta respingente sia i buoni propositi, che la recita di uno straccio di preghiera. Ma, certo, questa fusione non è la sola bruttura contemporanea di ispirazione religiosa.
C’è, per esempio, la statua a palla, che raffigura San Padre Pio, che sembra ruzzolare sull’erba al Parco Suardi di Bergamo…
E, fra altre mille, un’altra statua, sempre dedicata al monaco di Pietrelcina, che sovrasta un qualcosa di illeggibile architettonicamente, alla Rotonda dei Pentri, a Benevento. Una sorta di misto fra Goldrake e il povero confessore della gente umile. Certamente, non un omaggio. C’è da chiedersi se sia la Chiesa o il singolo vescovo ad autorizzare. Giusto per sapere chi ringraziare. Ma, nel mio peregrinare per l’Italia, ho visto ancora di peggio… Eh, sì, purtroppo…
Le orride chiese di cemento senza intonaco, fredde come un loculo in attesa di sepoltura, sono seminate, è vero, in giro per tutto il globo. Ma nella nostra bella Italia si notano di più. Perché hanno la sfortuna di avere come termine di paragone la meravigliosa architettura del passato. Come fa, infatti, l’orrido oratorio di Ognissanti, a Milano, a competere con la maestosità del Duomo? E mica solo con quello: ci sono fior di chiese sparse su tutto il territorio meneghino nei secoli passati, che hanno attirato, accolto, confortato ed accompagnato il fedele nel cammino verso Dio, senza offenderne mai la vista e l’animo.
E non mi cancello dalla memoria nemmeno la Chiesa di San Donato ad Arezzo. Un cubo industriale senza anima e senza significato. Con le scritte a caratteri cubitali sulle pareti laterali, neanche fosse un pacco postale da spedire… Mi ha letteralmente spiazzato, tanto da farmi dubitare che fosse un luogo di culto.
E le drammatiche colate di calcestruzzo della chiesa di san Giovanni Apostolo a Ponte d’Oddi, o del complesso parrocchiale San Paolo di Foligno? Mi hanno avvelenato un finesettimana umbro. Nella regione più verde, il cemento più freddo!
(edificio adibito a chiesa a Gioia Tauro, senza croci, né sul tetto, né sulla facciata)
Ma, torno a casa, e lo sconcio peggiore ce l’ho dietro casa, qui, nella mia Calabria. Una sorta di parallelepipedo gigantesco, costato – si dice – oltre otto milioni di euro – che, senza vergogna, è stato consacrato e dedicato a San Gaetano Catanoso, come fosse una chiesa, nonostante non ci sia una Croce che sia una, né disegnata sul muro, né piantata sul tetto. A imporlo, a Gioia Tauro, a poche centinaia di metri dall’uscita dell’autostrada, come luogo sacro è stato il vescovo noto alle pagine di cronaca come il “protettore paterno” di qualche prete accusato e condannato per pedofilia e reati affini; quel Francesco Milito che dirige la diocesi di Oppido Mamertina-Palmi con piglio, cipiglio e puntiglio caprino. Di questo obbrobrio dobbiamo ringraziare lui e, probabilmente, qualche suo predecessore zuzzurullone. L’edificio è una sorta di container freddo come una gola ventosa dell’Himalaya. Talmente grande e sproporzionato rispetto al numero dei pochi residenti del quartiere nel quale è stato costruito, che risulta essere inutile. Un inutile dispendio dei soldi intascati col famoso #ottopermilleallachiesacattolica. Mi viene da lanciare una provocazione: meglio sarebbe stato versarla, quella specie di stramaledetta tassa, ai fratelli Ortodossi. Forse, avremmo adorato una Croce benedetta. Un’Icona Santa. Una chiesa accogliente. Invece, beccati ‘sto pugno nello stomaco! E, cristianamente, abbozza…
Tanto, i vescovi passano, e, come tutti gli umani, diventano cenere, fino a sparire. La Gloria di Dio resta.
Insomma, l’uomo cerca Dio, ma Dio, ormai, fugge dall’uomo, o, almeno dalla sua “moderna” stupidità. Soprattutto se, costruendoGli casa, Lo incarcera in opere architettoniche di una bruttezza tale che, secondo me, anche l’Eterno Padre spera sempre possa essere l’ultima. E, invece, dietro l’angolo ne spunta sempre una peggiore… Come una bestemmia… A Gioia Tauro, poi, l’imprecazione milionaria si accompagna anche a una serie di scandaletti che alla Fede Cristiana Cattolica benissimo non fanno…
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