[photopress:sacchi.JPG,thumb,alignleft] Quando entrai nel suo ufficio sollevò l’indice della mano destra dalla tastiera della sua Olivetti Lettera 22, mi guardò con quegli occhi che avevano visto scorrere il mondo e la storia di più di mezzo Novecento, mi sorrise e disse: “Allora era tu che mi perseguitavi per quell’intervista… per due settimane Iside Frigerio è venuta ogni giorno a dirmi che c’era un giornalista che telefonava dalla Toscana per chiedermi quella roba su Fucecchio… Fucecchio in provincia di Pisa (altro sorriso, stavolta ironico), che idea balzana. Noi che siamo fiorentini da sempre… Però – aggiunse guardandomi dritto negli occhi – hai fatto bene a non fermarti e a insistere per avere l’intervista. Bravo… era andata bene?”.  E aggiunse, guardando anche l’amministratore delegato del Giornale Amedeo Massari che mi aveva accompagnato da lui, “spero di aver fatto bene ad assumere un pisano… Alberto, guarda di non farmi brutti scherzi solo perché sono fiorentino (niente sorriso, stavolta), vedrai che qui ti troverai bene, siamo una grande famiglia”.

Era il primo d’aprile 1983 e per me, lettore del Giornale dal primo numero, quello non era un pesce d’aprile: iniziavo a lavorare con Montanelli direttore. Confesso che ero alla ricerca di una battuta brillante, qualcosa a effetto, insomma. Niente. Volai basso: “L’intervista sulla polemica per Fucecchio in provincia di Firenze o di Pisa era andata bene, direttore… dal Tirreno (il quotidiano di Livorno per cui lavorarvo) mi avevano chiamato chiedendo se era vero che l’avevo intervistata, se avevo davvero parlato con lei…”. Risposta di Montanelli: “Eh…te l’avrei chiesto anch’io se fossi stato al posto loro… (di nuovo sorriso). Lo ricordo così, Indro Montanelli, il “mio” direttore da sempre, ragazzo di bottega del Giornale che aspettava ogni volta con emozione il suo arrivo serale in tipografia per la chiusura della prima pagina, spesso accompagnato da Gian Galeazzo Biazzi Vergani, con il caporedattore Leopoldo Sofisti che aveva appena scompaginato e ricomposto (era un mago…) la “prima”, piazzandogliela davanti al bancone illuminato dei “montaggisti”. Per qualche attimo la tipografia si fermava… tutti in silenzio proto, tipografi e giornalisti, per quel rito, in attesa di un borbottio di assenso, un commento, una battuta di Indro. Voglio ricordarlo così Montanelli, a cent’anni dalla nascita . Quel primo giorno che cambiò la mia vita, non solo professionale. Indimenticabile Indro.
Il vero Montanelli
di Mario Cervi
E quello dei bugiardi di Paolo Granzotto
Confalonieri: “Quanti sciacalli su Montanelli, vi racconto il vero Indro” di Mario Giordano