Saviano, peccato di omissione
Roberto Saviano, nel suo monologo televisivo a “Vieni via con me”, non ha interpretato bene il ruolo di Roberto Saviano. Lo dico anche se capisco che criticare un’icona come lo scrittore di “Gomorra” (libro che ho letto e apprezzato, a scanso di equivoci…) rischia di passare per un attentato di lesa maestà. Pazienza. Andando al sodo, quello che mi ha colpito guardandolo in tv è stato il peccato di omissione compiuto nei confronti della memoria di Giovanni Falcone. Già, perché quando Saviano ha parlato della macchina del fango e della delegittimazione riferendosi alla vicenda del giudice ammazzato dalla mafia a Capaci, non ha avuto il coraggio di aprire completamente l’armadio della memoria storica e politica, ha solo socchiuso uno spiraglio ma… solo quello. Già, perché quando ha parlato degli attacchi contro Falcone, qualche omissione purtroppo l’ha fatta, e di nonpoco conto in termini di “memoria”: a cominciare da Leoluca Orlando (ho ancora nella mente il leader delle rete a Samarcanda – condotta da Michele Santoro – quando lo accusò di tenere chiusi nei cassetti verità su delitti di mafia eccellenti, per non parlare poi del caso del maresciallo Lombardo) , e ha omesso di parlare degli attacci che arrivano anche dal Pds, da Repubblica, dall’Unità, dall’Anm e dai magistrati più schierati su posizioni “progressiste”. Già, perché ci fu un bel fuoco di sbarramento a sinsitra da parte di chi non voleva Giovanni Falcone super procuratore antimafia a fianco dell’allora ministro della Giustizia Martelli. Io mi chiedo, ingenuamente il perché di queste omissioni, caro Saviano. La “memoria” quando è scomoda, non è più “memoria”? Non appartiene più a quel sentire comune civile condiviso da tutti?
L’omertà di “Vieni via con me”: “coperto” chi ostacolò Falcone di Pier Francesco Borgia e Gian Marco Chiocci