E così finalmente Nichi Vendola ha deciso: alle primarie per la premiership del centrosinistra ci sarà, eccome. “Corro per vincerle”, ha scritto sul suo sito, aggiungendo “Per scacciare il fantasma del Monti bis e trasformare le primarie da ennesima faida di partito a occasione di svolta per il paese ci vediamo al Mav di Ercolano sabato 8 ottobre alle 18”. Firmato Nichi. Ecco il terzo incomodo nella tenzone poco cortese finora lanciata dal Pd per designare chi sarà lo sfidante del centrodestra in campagna elettorale. Così Nichi Vendola si mette fra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani, “per vincere”.

Il capo di Sel lancia un ponte all’ala del Pd più vicina alla Fiom che alla Cgil, “sinistra sinistra” anti-montiana in cerca di consensi nella sinistra di quel Pd che Rosi Bindi accusa di essere troppo rosso, troppo vetero comunista, alludendo al vecchio Pci. Poco importa se nel sondaggio per La7, alla domanda su chi vorrebbero gli italiani come premier, al primo posto ci sia Mario Monti (19%) e al secondo il rottamatore Renzi (13%), che sopravanza l’accoppiata Berlusconi – Bersani entrambi all’11%, mentre Nichi è fermo al 4%. Come inizio non c’è male, tenuto conto che alle primarie rischia (o forse è quello che vuole) di danneggiare Bersani favorendo una “scossa”, un sommovimento che in caso di vittoria del sindaco di Firenze spacchi il Pd a vantaggio della sinistra. Fantapolitica, si darà, ma il vecchio detto di Andreotti, “pensar male…” non è poi così campato in aria.

Pierferdinando Casini, alla Telefonata di Belpietro su Canale 5 aveva appena detto: “Io stimo Bersani. Ma non sono convinto, e anzi inorridisco, all’idea che il futuro possa essere affidato all’alleanza tra Bersani, persona ragionevolissima, e Vendola, che invece è politicamente non adatto a poter governare questo Paese. Il combinato disposto di Bersani e Vendola produrrebbe un pessimo risultato”. Vendola unfit, insomma per il centrista montiano senza se e senza ma esattamente come unfit è Matteo Renzi per Massimo D’Alema. Poco importa quel che dicono i sondaggi, perché se c’è qualcuno Vendola vuol rottamare è proprio Mario Monti, agenda di governo inclusa. Un problema in più per il partito dei senza voto rappresentato da Casini e Fini con la “Lista civica nazionale” che sul Monti Bis fondano le loro speranze di costruire un “grande centro” in grado di costringere Pdl e Pd a scendere a patti dopo le elezioni. Partita debole la loro: dopo il “mi faccio avanti ancora” il premier è tornato prudente e sfuggente con il suo “lasceremo il governo ad altri”. Una frenata opportuna visto che Alfano e pure il presidente di Confindustria Squinzi hanno puntualizzato che il Monti Bis si può anche fare, basta che il Prof prenda i voti degli italiani…

Ma torniamo al duello a tre (i veri protagonisti) delle primarie di coalizione, fra Bersani, Renzi e Vendola (che non vuole alleanze con Casini), divisi su un punto fondamentale: l’agenda Monti (nessuno dei tre vuole il professore ancora premier) che per Bersani e Renzi è un faro per guidare l’Italia fuori dalla crisi e per Nichi, con cui segretario del Pd vuole allearsi) è semplicemente da stracciare. Una bella somma di contraddizioni, non facili da sciogliere in casa dei democratici. Si capisce perché il movimentismo e il nuovismo di Matteo Renzi siano, per molti cavalli di razza piddini in odore di futura rottamazione, da esorcizzare e da demonizzare. Sperando che non si ricorra a trucchi e trucchetti disegnando le regole delle primarie per favorire in qualche modo Bersani… Con esiti prevedibilmente infausti per la tenuta del partito diviso tra riformisti e neo-massimalisti.

L’esercizio della demonizzazione di Renzi, stando sempre al sondaggio, pare non funzionare, anzi. Il giorno prima dell’uscita del sondaggio, si è esercitato sul tema anche Eugenio Scalfari, che su Repubblica tra l’altro ha scritto: “Una sola cosa è chiara: Renzi sa parlare e richiama molto abilmente l’attenzione sotto l’oculata gestione di Gori, ex dirigente Fininvest. Renzi piace perché è giovane. E’ un requisito sufficiente? Politicamente è molto più di centrodestra che di centrosinistra. Se vincerà le primarie il Pd si sfascerà ma non perché se ne andrà D’Alema, Veltroni o Franceschini, ma perché se ne andranno tutti quelli che fin qui hanno votato Pd come come partito riformista di centrosinistra”. Segue la sottolineatura che gli sponsor di Renzi sono più di destra che di sinistra (di centro no…) e l’accostamento di Matteo al Psi di Craxi (che equivale a un’anatema). Chiosa finale: “Francamente è meno di niente”. Amen. Sempre in tema di antirazzismo, l’ultima di Antonio di Pietro è questa: “Il programma di Renzi è in continuità con quello di Marchionne…”. Meno male che d’è c’è stato l’endorsement di Riccardo Illy, ex governatore del Friuli-Venezia Giulia, a favore del “bambino”. Che a dispetto dei “vecchi” del Pd, di Vendola, Di Pietro e Scalfari (che gli porti bene?), cresce e fa davvero sembrare archeologico chi vorrebbe riesumare la “gioiosa macchina da guerra” o l’Unione. Per Bersani, stretto fra Renzi e Vendola è davvero dura…

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