Il Guatemala no, Aosta nemmeno ma neppure la rivoluzione, sia pure “civile”. Il post elezioni dopo essersi portato via Fini e aver ridimensionato le ambizioni di Casini, cancella anche Rivoluzione Civile, il cartello elettorale (a questo punto la definizione calza a pennello) che aveva nel simbolo proprio in nome dell’ex pm palermitano Antonio Ingroia e, sotto, una stilizzaione in rosso del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.

Sono stati Antonio Ingroia , Angelo Bonelli (Verdi), Luigi De Magistris (Movimento Arancione), Oliviero Diliberto (Pdci), Antonio Di Pietro (Idv), Paolo Ferrero (Prc) e Leoluca Orlando (Rete2018) a mettere la firma al manifesto che segna la fine dell’avventura di quella parte di sinistra radical-giustizialista che era stata sonoramente bocciata dagli elettori.

Certificato di morte inevitabile, scrivono i firmatari, perché “il risultato insoddisfacente delle elezioni politiche del febbraio scorso ha indotto ognuna delle componenti a una riflessione profonda della nuova fase politica al proprio interno”.

Obiettivo fallito di un progetto politico “naturalmente” e ineludibilmente antiberlusconiano, che aveva creato non poche polemiche nel centrosinistra. Con Bersani e Vendola da una parte schierati contro il no ad alleanze con Ingroia e i suoi compagni di cordata e relative accuse di portare via consensi al Pd. E con gli occhieggianti all’area elettorale di Beppe Grillo tanto velleitari quanto inconcludenti. Fine del storia per chi ha avuto più comparsate in tv che voti, a dimostrazione che il vento – sul quel fronte – è cambiato. Rottamazione inevitabile dopo l’impietoso verdetto delle urne: alla Camera il 2,25%, al Senato l’1,79%.

Ora ognuno va per la sua strada. Ingroia lancia Azione Civile, ovvero come spiega un “movimento civico puro, senza partiti” e intanto aspetta che Tar e Csm decidano sul suo trasferimento come giudice ad Aosta che continua a rifiutare come se la sua discesa in politica non pesasse affatto. “Se tornerò in magistratura, dovrò fare un passo indietro rispetto alla politica – dice -. Ma se il Csm continuerà a pensare ad Aosta, allora dovrò trarne le conseguenze. La mia storia di magistrato può avere senso solo in situazioni in linea con la mia esperienza. E ad Aosta non c’é una procura antimafia”.

Il rifondarolo Ferrero è invece deciso a lavorare per “costruire un polo della sinistra autonomo e alternativo al fallimentare centro sinistra”. Di Pietro è alle prese con quel che resta (poco) dell’dv, degli altri non è il caso di parlare, aspettano ancora il Godot della sinistra o l’ascensione del cielo dei Cinque Stelle. Hanno già parlato gli elettori.
Ricordo solo, a futura memoria, quel disse Antonio Ingroia all’annuncio della sua discesa in campo, presenti gli altri soci: “Noi conquisteremo Palazzo Chigi e avremo milioni di consensi, perché vogliamo fare una rivoluzione pacifica dei cittadini, una rivoluzione civile”. E cosa disse dopo il voto: “Rivoluzione civile continua e io proseguo il mio impegno in questo movimento”… La sinistra-sinistra chiude il temporary store a uso elettorale e si (ri)divide ancora una volta con la fine del mini-rassemblement e rottama la rivoluzione dei senza voto.

Il loden e l’eskimo in naftalina… di Stefano Zurlo

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