Il negoziato tra l’Italia e l’Unione Europea per le concessioni balneari continua senza una conclusione definitiva. Sebbene circoli una prima bozza (non ufficiale) del decreto salva-infrazioni, le trattative con la Commissione Europea non sono ancora concluse. Il testo provvisorio è previsto per la discussione in Consiglio dei Ministri nei prossimi giorni, e gli sviluppi futuri potrebbero portare a cambiamenti significativi.

Dopo un intenso confronto tra l’Europa e l’Italia (come riportato dal Il Sole 24 Ore) emerge che la bozza del decreto è stata già parzialmente modificata. Nonostante l’assenza di comunicazioni ufficiali da Palazzo Chigi, sembra che la Commissione europea abbia respinto la maggior parte delle disposizioni favorevoli ai concessionari, obbligando il Governo a ritrattare. Una notevole modifica riguarda l’eliminazione del diritto di prelazione per i concessionari uscenti. Tuttavia, è previsto un indennizzo a carico del nuovo operatore subentrante, calcolato basandosi sul valore dei beni ammortizzabili e sugli investimenti non ancora ammortizzati degli ultimi cinque anni, escludendo il valore aziendale, il che ridurrebbe significativamente l’importo dell’indennizzo.

Il nuovo testo proposto impone l’avvio delle gare entro il 30 giugno 2027, mantenendo valide le concessioni attualmente in proroga fino al 30 settembre 2027, estendibili fino al 31 marzo 2028 ma solo per “ragioni oggettive di difficoltà nell’esecuzione delle gare“. Questo rappresenta un compromesso tra la data inizialmente fissata per il 2024 dall’Europa e il 2029 proposto dal Governo italiano.

Ai Comuni è concessa la possibilità di anticipare le procedure di gara, purché vi siano motivazioni adeguate. Questa “sottigliezza giuridica” potrebbe essere determinante in caso di contenzioso giudiziale, rendendo la decisione di un sindaco di utilizzare la proroga fino a settembre 2027 tecnicamente difendibile, in quanto non si tratta di una proroga automatica o generalizzata, bocciata dalla UE, ma di una decisione basata su valutazioni specifiche per il territorio di competenza.

Il decreto prevede che la durata delle nuove concessioni varierà tra i 5 e i 20 anni e suggerisce una suddivisione in lotti, a meno che il Comune non comunichi diversamente. Per proteggere le microimprese, sarà indicato il numero massimo di lotti che un singolo offerente può ricevere.

I criteri di gara favoriscono PMI e imprenditori locali, dando priorità a chi propone la migliore integrazione degli impianti con la località e servizi che valorizzano le specificità del territorio. Saranno valutate anche le esperienze tecniche e professionali pregresse, la titolarità di una concessione come fonte di reddito prevalente negli ultimi cinque anni, il numero di concessioni già possedute sul medesimo territorio e l’impegno all’assunzione di forza lavoro.

Nonostante si tratti di una riflessione basata su mere ipotesi, dato che attualmente non esiste un testo ufficiale del provvedimento, il panorama che emerge sembra peggiorativo per la categoria dei concessionari. In particolare, le clausole di “salvaguardia“, negoziate dai sindacati e poi ridimensionate o rimosse da Bruxelles, hanno portato il Governo a una contrattazione al ribasso.

Infine, l’AGCM ha già espresso preoccupazioni riguardo alle continue proroghe tecniche concesse dal Governo, che potrebbero configurare una situazione di sospetta illegittimità, compromettendo la concorrenza.