Ora cosa aspettiamo ad aiutare Assad e la Russia?
La rabbia e lo sgomento di queste ore, successive all’attentato islamista nel cuore di Parigi, devono lasciare spazio ad una riflessione inderogabile. Non si può continuare a inscenare tristezza e condanna verso questi atti di barbarie quando con le folli politiche estere targate Obama, Cameron, Sarkozy e anche Hollande l’occidente tutto si è cercato il devastante e prevedibilissimo attacco a casa propria visto ieri.
Da quando le primavere arabe sono scoppiate, gli interessi anglofrancesi e americani hanno pompato sul fuoco della ribellione e sulle braci dell’islamismo radicale, consegnando l’intero teatro mediorientale ad una spirale di caos e fondamentalismo religioso che non poteva che abbattersi anche a casa nostra, presentando il salatissimo conto della propria lucida follia.
Pare difficile provare empatia e apprezzamento per le parole di un Hollande o per quelle del presidente degli Stati Uniti, quando questi stessi uomini lungo i 5 ultimi anni hanno foraggiato con ogni mezzo le rivolte che impazzavano dalla Libia alla Siria, presentando la barbara uccisione di Gheddafi come un passo necessario al progresso dell’umanità, e caldeggiando fortemente la sostituzione di Assad con un qualcosa di indefinito, forse pescato tra gli stessi fondamentalisti che abbiamo visto in azione in Francia.
L’occidente, se vuole rimediare a questo buco nero chiamato Stato Islamico, deve tornare sui suoi passi, deve comprendere di aver sbagliato completamente linea politica. Deve mettere da parte il proprio tornaconto economico e geopolitico per dialogare con la Russia di Putin, per cercare di salvare il salvabile in Siria e in Iraq. Mai come oggi è necessaria una azione di supporto all’unico governo laico rimasto in quella zona, ovvero quello di Bashar Al Assad.
Serve un intervento rapido e deciso, a fianco dell’Iran, dell’Iraq, del Libano e di tutte le milizie islamiche, sciite, alawite e di altra confessione che combattono il salafismo sunnita. Serve una azione di concerto che sappia mettere da parte anni di insensata retorica sull’esportazione della Democrazia, dei Diritti e del Progresso in terre che non hanno né la capacità né il bisogno di farsi carico di questi sermoncini da salotto letterario targati Bernard Henry Levy.
Serve superare tanto l’odio verso l’Islam di matrice fallaciana, utile solo a confondere le acque e a fornire armi retoriche per un conflitto di civiltà strumentale, quanto la retorica pacifinta e salottara della pace livellatrice, dell’accoglienza, della sostanziale inazione e della speculazione sui Migranti.
Serve intervenire a fianco di chi in questi cinque anni ha dimostrato più di tutti di saper combattere il fenomeno dell’ISIS, ovvero a fianco del presidente Putin e della Siria baathista, con l’appoggio di tutti coloro che seriamente e coerentemente si renderanno conto della necessità di chiudere una volta per tutte con lo Stato Islamico.
Gli altri restino pure a casa a fare prediche in diretta tv, salvo poi tollerare tacitamente l’esistenza delle forze che compiono massacri a casa loro, per mero tornaconto politico.