Torino, Islam ed Europa. Intervista a Marco Rizzo
Per analizzare i recenti fatti di cronaca riguardanti l’immigrazione in Europa, il rapporto con l’Islam e la geopolitica occidentale, chiediamo un parere a Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista e candidato sindaco di Torino, già nemico dichiarato della sinistra dei salotti e promotore di una reale alternativa al sistema sociale ed economico vigente oggi in Italia e nel Vecchio Continente.
1) Signor Rizzo, lei si è candidato sindaco nella città di Torino, qual è il suo programma e quali sono le prospettive del suo partito?
Innanzitutto non accetteremo alleanze con altri partiti. Se avremo successo e diventerò sindaco, posso dire chiaramente che non accetteremo il patto di stabilità voluto dall’UE e dalle grandi banche mondiali. Se in risposta ci manderanno i carabinieri, risponderemo schierando i vigili urbani. Vogliamo la rottura della gabbia europea, lo scontro con l’istituzione di Bruxelles e coi parametri del 3%, con cui non cambi neanche le panchine di una città.
2) Pensando ai recenti fatti di Colonia, è normale chiedersi se l’Italia e l’Europa possano sopportare una immigrazione così pesante o se sia il caso di metterle un freno, avendo ben in mente il pensiero di Marx sull’ ”esercito industriale di riserva” e la competizione sleale che può nascere nei confronti dei lavoratori autoctoni. Lei che ne pensa?
Sono stato il primo a spiegare in termini marxisti il fenomeno dei migranti, un termine che oltretutto non mi piace, adatto agli animali e non agli uomini. L’Occidente esporta guerra nei paesi di provenienza di questa gente, e importa risorse. In una società che deve abbassare il costo dei lavoratori per stare al passo del mercato è ovvio che una manodopera di questo tipo possa venire usata come un esercito di riserva per ricattare il lavoratore tutelato. In una situazione simile, con una marea di lavoratori dai 15 ai 35 anni disponibili oltre le nostre coste, il capitale diventa interessato ad una introduzione indiscriminata di forza lavoro, abbattendo i diritti degli autoctoni. Come si evita questo? Stabilendo diritti sociali per gli extracomunitari, al posto di impegnarsi, come fa la sinistra di oggi, esclusivamente sui diritti individuali. Se per legge si garantisce un salario eguale a parità di mansione, con dei controlli adeguati, in un colpo si abbattono guerra tra poveri e xenofobia. Se si è obbligati a pagare lo stipendio medio di un lavoratore normale anche ad un immigrato, saranno le capacità costituire il criterio di scelta. In questo modo il lavoratore italiano e quello extracomunitario sono entrambi tutelati e si evitano i problemi che viviamo al giorno d’oggi.
3) Non solo nel tema dell’immigrazione, ma anche per quel che riguarda la politica estera, la sinistra pare essersi quasi completamente schiacciata, PD in testa, su posizioni sistemiche e allineate agli interessi d’oltreoceano. Qual è il suo pensiero sulle Primavere Arabe e in particolare sui casi di Libia e Siria?
Riporto le parole di due insigni rappresentanti della diplomazia americana: Hillary Clinton ha esplicitamente dichiarato che i Mujiahiddin sono stati creati dagli USA e che sono loro sfuggiti di mano. Anche Luttwak, esperto conoscitore delle trame americane, lo conferma quando dice che l’estremismo islamico è da considerarsi come un male accettabile rispetto al colpo fatale che è stato dato all’Unione Sovietica in Afghanistan. Il mostro del radicalismo islamico nasce lì. Noi siamo stati gli unici a dire chiaramente che quello che avveniva nel Mediterraneo altro non era se non un colpo di stato su larga scala preparato dall’Occidente. Quella in Libia è stata una interposta guerra della Francia contro l’Italia per impossessarsi delle risorse del paese. Ricordiamo che prima della guerra il 40% delle risorse libiche era controllato dall’Italia e il 5% dalla Francia, oggi la situazione è capovolta. In Siria succede la stessa cosa, e tutti gli altri paesi, dal Venezuela alla Corea del Nord passando per Cuba, se attaccati godono della nostra solidarietà. Non significa che condividiamo pari passo quei sistemi; l’Iran per esempio è una repubblica teocratica, ma è indipendente dall’imperialismo, e se attaccato godrà della nostra difesa. Per quel che riguarda il rapporto con la religione islamica in Italia, ribadisco che lo stato deve essere laico e ognuno deve essere libero di professare la propria religione a spese proprie. Vale per le moschee (se le paghino i credenti islamici) e la chiesa cattolica (se la paghino i credenti cattolici).
4) Cosa ne pensa della Russia di Putin e del consenso che il leader russo ha saputo riscuotere anche nel nostro paese? Vale lo stesso ragionamento. Non possiamo pensare oggi che la Russia equivalga all’Unione Sovietica, il sistema economico russo oggi è un sistema capitalistico, questo non vuol dire però che non si possano valutare positivamente le azioni della Russia di Putin in Siria, ove senza l’intervento di Mosca staremmo commentando una vittoria dell’Isis e dei “ribelli moderati” occidentali.
5) Torniamo a casa nostra. Non trova che l’antifascismo nostrano propagandato dalla sinistra sia spesso un utile rifugio per difendere lo status quo senza porsi in una posizione realmente rivendicativa, capace di cogliere le possibilità di reale e trasversale critica verso il presente?
Io credo che il fascismo e il nazismo siano state delle appendici della democrazia borghese. Tuttora quando il capitalismo non riesce più ad esercitare un normale controllo se ne serve, come succede in Ucraina. La modernità dell’antifascismo non sta nella celebrazione del 25 aprile, ma nell’utilità che oggi può avere se combatte i gruppi che fanno gli interessi del sistema, come Pravy Sektor o Svoboda. L’antifascismo è un valore fondativo, ma bisogna ricordarsi che per essere realmente antifascisti occorre essere anticapitalisti. Se poi vogliamo parlare della degenerazione della rappresentanza antifascista italiana, possiamo chiaramente dire che come il PCI di Gramsci è diventato il PD di Renzi, l’ANPI del 1960 genovese è diventata sempre più un ininfluente orpello celebrativo in mano al Partito Democratico.
6) Che ne pensa del dibattito sui diritti civili, sul gender e il femminismo di ritorno, fertile dibattito politico o arma di distrazione di massa?
Credo che il conflitto principale rimanga quello tra capitale e lavoro, quando arretra il movimento operaio di classe arretrano anche le conquiste civili, specialmente se si mettono tra le priorità politiche il lateralismo di genere o di sesso. Un gay ricco negli anni ’50 aveva titolarità di presenza, un gay povero ai giorni nostri no. Il problema non è se sei gay ma se sei ricco o povero. Quelle sessuali sono scelte individuali, trasformarle in battaglie collettive trascurando il conflitto principale significa farsi male da soli.
7) C’è spazio in questo paese per una reale alternativa socialista?
Le condizioni oggettive per un cambio di sistema ci sono tutte, i margini del riformismo sono scomparsi, non c’è una lotta sindacale che sia offensiva, che parli di riduzione dell’orario, di estensione dei diritti sociali o di aumento del salario. Ci sono solo battaglie difensive, il riformismo non esiste più, e chi parla di riformismo sta dalla parte dei padroni e del grande capitale. Il problema è soggettivo, riguarda chi vuole una reale alternativa. Oggi il capitalismo è così bravo da indirizzare il dissenso, con contenitori alla Syriza, Podemos o 5 Stelle si vuole portare la giusta protesta in luoghi e contenitori ininfluenti. Grillo vuole un altro sistema o un miglioramento di questo? Mi pare non voglia un altro sistema. Non esiste il capitalismo buono o cattivo, esiste il capitalismo, o ti piace e lo tolleri o stai fuori e cerchi di costruire una seria alternativa, come stiamo facendo noi.