A caccia grossa col Rinoceronte
E’ dai tempi, mica tanto lontani, della mia adolescenza che ho un pensiero fisso: tutelare i più deboli. Certo, non sono Robin Hood, né Madre Teresa di Calcutta, men che meno Gandhi. Però, quanto mi brucia ancora il ricordo di quei tre, quattro deficienti che, sfruttando la mia educazione e la mia gentilezza, pensavano di potermi urlare in faccia la loro arroganza e la loro stupida violenza! Non è un “bruciore” di egocentrica rabbia, ma mi infastidisce ancora il pensiero che nel 2000 esistessero ancora i bravi di Don Rodrigo. E che fossero calabresi come me. Mie compagni di scuola. Certo, oggi sorrido, un po’ sarcastico: io sto scrivendo su un pezzo per il mio blog sul giornale nazionale che ho sempre amato. E che leggo sin da quand’ero bambino. Loro, marciscono in galera.
Chissà, forse mi staranno pure leggendo.
Tutelare i diritti dei più deboli. Dare voce a chi voce non ha. E non certo perché gli manchi, ma perché quando la voce non viene ascoltata è come se il suono non esca dalla bocca. Penso agli anziani malmenati negli ospizi tristi e dimenticati; penso ai disabili usati spesso come bancomat familiare e abbandonati nelle mani di sciacalli senza cuore; penso a chi non ha un lavoro, un tetto sulla testa, un piatto caldo, il conforto di un amore. Penso a chi rinuncia ad una terapia per mancanza di denaro o di conoscenze. Penso a chi non può manifestare la propria fede in Cristo serenamente. E a chi è costretto a tacere o a vergognarsi del proprio credo politico. Mi arrabbio ancora quando sento che ci sono dei giovani a cui è negato il diritto allo studio. Dei bambini a cui è ucciso il futuro. I sogni. I colori della vita.
E non riesco a stare fermo. Imbraccio la mia videocamera e parto. Rubo immagini, raccolgo sfoghi, rabbie, odii, giustificazioni. Provoco, a volte istigo. Compatisco, spesso mi arrabbio. Poi torno nella mia tana, la mia redazione, accendo il mio portatile e scrivo. Ogni lunedì sera, grazie alla magia della televisione, entro in mille e mille case di Gente del Sud, che non ha più paura di un bonario rinoceronte amico e difensore. Chi mi guarda con sospetto e preoccupazione è, invece, proprio quel furfante che ha pensato di poterla fare franca dopo aver calpestato il diritto del prossimo. È proprio in quel caso che mi si risveglia l’istinto animale: il mio Rinoceronte.
In fondo, il Rinoceronte sono io.