Il rom stupratore? “Un bravo ragazzo!”
Per il fratello di Mario Seferovic, meglio conosciuto come Alessio il Sinto, il rom ventunenne arrestato con l’accusa di aver ammanettato e stuprato due ragazze romane di 14 anni, è tutta un invenzione. L’ennesima campagna denigratoria contro i rom. “Lui non le ha violentate. Sono solo bugie. Non è vero!” Afferma il fratello ai microfoni di Dalla Vostra Parte. Dello stesso parere anche la cognata, che lo difende: “Mario è un bravo ragazzo. Stava sempre a casa, non usciva mai. Andava a fare la spesa, mangiava e dormiva. Si sono inventati tutto, Mario non è uno stupratore. Mario è bravo!”
Eppure dai video e dalle foto pubblicate in rete non si direbbe proprio. Spavaldo, strafottente, arrogante. Sempre in posa da “duro”. Quasi come un gangster. Sui mezzi pubblici della Capitale la faceva da padrone. Il capo branco di un gruppo di rom che lo seguiva sempre. Senza regole.
Ma al campo rom di via di Salone, a Roma, negano tutti. E la sua comunità lo difende. “È sempre stato un bravo ragazzo. Non ha mai dato problemi. I rom non sono così. Noi siamo brave persone.” E mettono in dubbio perfino che ci sia stata la violenza. “Chissà se è stata una violenza vera. Lo sai come sono le donne, no? Come gli uomini! Secondo me se l’è andata a cercare la ragazza. Lui non l’avrebbe mai violentata.” I rom difendono i rom. Non condannano, ma giustificano e si proteggono a vicenda. Come sempre d’altronde.
Ma i carabinieri, invece, lo hanno arrestato per stupro. Crudele e premeditato. Curato nei minimi particolari. Prima avrebbe adescato la giovane in rete, poi l’avrebbe violentata insieme alla compagna mentre un suo amico complice, Maikon Halilovic, (anche lui viveva nel campo rom di via di Salone) faceva il palo. I fatti risalgono a maggio, ma le due ragazzine per paura di ripercussioni non hanno avuto subito il coraggio di denunciare, fino a quando la mamma di una delle due ha scoperto tutto.
“Secondo te se qualcuno mi stupra vado a fare la denuncia dopo sei mesi? Non ci credo! Secondo me non è vero che minacciava le ragazze di morte per non parlare. Alle ragazze piaceva, poi non le ha più accontentate e lo hanno denunciato.” Afferma una rom dalla finestra della sua roulotte. “Se faceva una rapina lo guardavamo tutti come un eroe, ma se ha stuprato quelle ragazze deve andare in carcere.” Per chi abita nell’inferno dei capi rom della Capitale tutto sembra normale: le bambine bruciate vive all’interno di un camper, e una ragazza cinese morta dopo una rapina ad opera di nomadi. E a sbagliare è lo Stato che punisce chi delinque.