Green Pass, vale davvero la pena di reintrodurlo in autunno?
A volte, nella vita, le scelte sono particolarmente spinose. Soprattutto quando si tratta di scegliere tra una decisione logica, razionale, apparentemente inoppugnabile, e un’altra che tiene conto dell’emotività. Quale delle due sceglieresti?
La risposta sembra ovvia: scelgo la strada razionale, che diamine! Chissenefrega dell’emotività, devo badare al risultato! Eppure sbaglieresti. Perché? Perché va tenuto in considerazione il fatto che noi uomini siamo animali mossi dalle emozioni. Dagli impulsi, dai sentimenti.
Questa constatazione introduce l’argomento che, insieme con i rincari e la penuria di materie prime, terrà banco il prossimo autunno: la pandemia. Adesso, in piena estate, i casi stanno aumentando. Ma siamo in estate, e non si possono imporre nuovi divieti: penalizzerebbero il turismo. Dunque si fa finta di niente. Probabilmente raggiungeremo il picco di nuovi contagi a fine luglio; quindi avremo una tregua in agosto e settembre. Ma poi, in ottobre-novembre, si ricomincerà. Cosa dovrà fare il governo allora?
La scelta logica sembrerebbe quella già sperimentata: spingere sulla quarta dose, magari aggiornata alle nuove varianti, per tutti. E dal momento che molti rifiutano di vaccinarsi, per costringere i riottosi a vaccinarsi si reintroduce il Green Pass. Vuoi lavorare, vuoi fare vita sociale? Devi vaccinarti. Altrimenti dovrai, ancora una volta, trascorrere mesi e mesi tappato in casa. E pagare la multa.
E’ una scelta logica, almeno alla luce dei freddi numeri che calcolano i contagi, il tasso di ricoveri negli ospedali, la percentuale dei letti occupati in terapia intensiva. Ma sarebbe la scelta giusta?
Ho seri dubbi in proposito.
Infatti ripristinare il Green Pass, o qualcosa del genere, equivarrebbe a scatenare fortissime tensioni sociali. Ancor più di quelle dello scorso inverno. Molti italiani farebbero un ragionamento magari semplicistico, ma di grande presa: Se, nonostante i tanto decantati vaccini, siamo tornati alla casella di partenza, come nel gioco dell’oca, significa che i vaccini servono a poco. Secondo alcuni fanno pure male alla salute. E allora cosa facciamo, passiamo il resto della vita a vaccinarci contro una malattia che ci accompagnerà forse per sempre?
A questa considerazione se ne aggiunga una seconda: oggi la maggioranza degli italiani ha avuto il Covid. E, senza contare gli asintomatici, per la stragrande maggioranza si è trattato di un’influenza, o poco più. E’ vero che ad ogni variante il virus diventa sempre più contagioso, ma è anche vero che probabilmente non vale la pena, per un virus che non fa più così paura, scatenare nuove rivolte in un clima pre-elettorale già carico di nervosismo.
E’ umano, e molto italiano, stancarsi presto delle emergenze. In marzo non si parlava altro che della guerra in Ucraina; oggi è diventata un argomento secondario, tanto si sa che durerà ancora chissà quanti mesi. Lo stesso vale per la pandemia: sappiamo che c’è, ma ci siamo rotti le scatole dei soliti allarmi e dei soliti divieti. Vai in metropolitana o sui bus, dove è obbligatorio indossare le mascherine Ffp2, e vedi che metà dei passeggeri non la porta: o ha la mascherina chirurgica, o viaggia senza mascherina. I controllori chiudono entrambi gli occhi: sanno che sarebbe una battaglia persa in partenza, dovrebbero litigare con i passeggeri per ottenere scarsi risultati. E, spesso, il passeggero si tirerebbe giù la mascherina non appena il controllore volta le spalle.
Per questo auspico che il nostro governo adotti una posizione pragmatica, e non dogmatica, basata solo sui numeri, quando valuterà la reintroduzione dell’obbligo vaccinale e del Green Pass. Forse potrebbero salvare qualche vita, ma a che prezzo?