Amanda Gorman: alcuni motivi per esserne terrorizzati
Chiunque si interessi di letteratura e poesia oggi parla di lei, la poetessa afroamericana che ha letto all’insediamento del presidente Biden. Tutte le femministe americane l’hanno eletta a nuovo idolo. Così come idolo è diventato degli Obama e di tutti i maggiori esponenti del politicamente corretto democratico.
E a me – sarà che ho letto la Bibbia – gli idoli spaventano moltissimo. Specialmente quando sono costruiti con scopi precisi.
Per capire cosa c’è dietro Amanda Gorman basta leggere ciò che scrive. Discorsi politici fortemente militanti, divisivi, appartenenti a un’unica fazione. Qualche rarefatto riferimento poetico.
Come quello che ha letto all’insediamento del Presidente Biden (altrove c’è una traduzione mia).
Difficile sempre dire cosa sia o cosa non sia poesia. Di certo quello davanti a Biden è un discorso politico, condito con qualche immagine presa da Walt Whitman e da altri poeti americani.
D’altra parte Amanda Gorman lo dichiara espressamente: vuole fare il presidente. La sua ambizione è politica. E il suo è un semplice discorso politico, un comizio rivolto a metà degli americani, quelli che votano Democratici.
Definisce, biblicamente “il ventre della bestia” la presidenza Trump. Il quale (il riferimento è davvero palese) “Avrebbe distrutto il nostro paese”.
In certi punti sembra una poesia celebrativa di una battaglia: “Non perché non conosceremo mai più la sconfitta, ma perché non semineremo mai più divisioni”. Ma il soggetto del verbo non è “l’America”, questa battaglia non l’ha combattuta la nazione. Ma solo una parte di essa contro un’altra parte.
Allora perché definire poesia il suo primo discorso pubblico da militante politica che vuole fare il presidente?
Il contenuto delle sue parole
Il contenuto, se analizzato, pur nella sua semplicità è spaventosamente ideologico. Si parte dal solito egalitarismo:
“dobbiamo prima mettere da parte le nostre differenze”
come se le differenze fossero il nemico da abbattere. Dogma numero uno del politicamente corretto. A cui Amanda Gorman sembra aderire pienamente. Chi non crede al politicamente corretto pensa che se questa vuole essere un’era di pace, non può basarsi su una menzogna – ossia che le differenze non esistono – ma sulla verità, ossia che le differenze ci sono e la sfida umana è farle convivere.
“È il passato in cui entriamo e come lo ripariamo”.
L’idea della riscrittura del passato è un tema centrale per le frange radicali del pensiero politicamente corretto. Come di ogni pensiero unico. Non dimentichiamo che negli Stati Uniti abbattono le statue di Cristoforo Colombo o di altri personaggi del passato, bollati, con il filtro ideologico di oggi come “razzisti” o “sessisti”. Questo, sì, terrorizzante e totalizzante. Gente che non ha letto neppure Orwell.
“Questa è l’era della giusta redenzione”, definita “ora terrificante”.
Ma cosa vorrà realmente dire? Un ulteriore riferimento alla rivoluzione culturale con cui il politicamente corretto americano sta riscrivendo la storia e l’identità umana? A cosa alluderà Amanda Gorman con quel “terrificante”?
Ce lo dice, “quello che sarà”: “Un paese schiacciato ma intero, benevolo ma audace, feroce”.
Feroce. Come quello che prima delle elezioni ha messo a ferro e fuoco il paese? O come quello che è entrato nei palazzi delle istituzioni? Cosa dobbiamo aspettarci dagli Stati Uniti?
E aggiunge: “Non saremo capovolti o interrotti da alcuna intimidazione”.
Amanda Gorman a me ha ricordato la Khalisi, Daenerys Targaryen di Games of Thrones. Aveva appassionato tutti all’inizio con i suoi slogan un po’ buonisti e di facile comprensione. Sappiamo com’è finita.
Io, sinceramente, da questa Amanda Gorman e della “ferocia” così cieca, superficiale e partigiana delle parole che scrive sono semplicemente terrorizzato.